martedì 9 ottobre 2012



Colloqui scolpiti nel cuore
Tra il 1942 e il 1945 il francescano Gabriele Allegra 
e il gesuita Pierre Teilhard de Chardin si incontrarono spesso a Pechino

Al centro delle conversazioni il primato di Cristo e il rapporto tra fede e scienza

di Marcella Serafini

Beato Gabriele Allegra
La beatificazione di padre Gabriele Allegra (1907-1976) offre l’occasione per condividere il fascino e l’attualità di un libretto, snello e piacevole alla lettura: Gabriele Allegra Il primato di Cristo in San Paolo e Duns Scoto. Le mie conversazioni con Teilhard de Chardin (Assisi, Edizioni Porziuncola, 2011, pagine 104, euro 10). Il volume è un vero gioiello di ricchezza e profondità, preziosa testimonianza di onesta e sincera ricerca della verità. Padre Gabriele Allegra — frate minore di origini siciliane, missionario in Cina sin da giovane età e primo traduttore della Bibbia in cinese (1961) — presenta e consegna alla lettura una fedele e vivace ricostruzione delle conversazioni, tenute a Pechino tra il 1942 e il 1945, con il teologo e padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin. Quest’ultimo, profondamente affascinato dalla presenza di Cristo in tutte le cose, cercava con passione di approfondire e trasmettere tale prospettiva, che da parte sua coglieva con estrema chiarezza. Nel momento in cui incontra padre Allegra, si trova di fronte un interlocutore con cui approfondire la tematica del primato di Cristo nella filosofia francescana, Duns Scoto in particolare.
Il breve testo offre un resoconto dettagliato dei temi di quelle conversazioni e ne ricostruisce il clima umano, affascinante e suggestivo, fatto di cordialità e rispetto reciproco, da cui emerge il profilo, umano e intellettuale, dei due interlocutori e un patrimonio di intuizioni, geniali e profonde. La richiesta di pubblicare il resoconto delle conversazioni arrivò a padre Allegra agli inizi degli anni Sessanta; lo sollecitavano, in particolare, alcuni teologi francescani americani, desiderosi di poter verificare meglio la continuità tra il cristocentrismo della grande scolastica francescana (Alessandro di Hales, Bonaventura e soprattutto Scoto) e i nuovi orizzonti della cristologia teilhardiana.


Fin da bambino, Giovanni Stefano (questo il nome di battesimo di frate Gabriele Maria) aveva mostrato intelligenza e memoria non comuni e una vera passione per lo studio. Missionario in Cina dal 1931, dopo solo quattro mesi — grazie alla determinazione e alla disciplina con cui si applicava allo studio della lingua — era in grado di predicare in lingua cinese. Nel 1961 riuscì a portare a compimento il sogno della sua vita di tradurre in quella lingua l’intera Sacra Scrittura e nel 1975 pubblicò il primo Dizionario Biblico in cinese. Nel frattempo aveva fondato a Pechino lo Studio Biblico Francescano (1945). Uomo di vastissima cultura, pubblicista vivace e scrittore fecondo, amante della poesia di Dante — di cui spesso recitava i versi a memoria — ha svolto come missionario una intensa opera di apostolato, predicando, confessando e assistendo malati e bisognosi di ogni genere, compresi i lebbrosi.
Teilhard de Chardin (1881-1955), scienziato e padre gesuita, aveva dimostrato sin da ragazzo un profondo interesse per la storia naturale; nel corso degli anni approfondì gli studi di geologia e paleontologia, fissando per iscritto le sue idee in numerose lettere a familiari e amici. Nel 1925 alcuni scritti gli procurarono delle difficoltà; i superiori gli chiesero allora le dimissioni dall’insegnamento presso l’Institut Catholique di Parigi (dove insegnava geologia da circa tre anni) e gli assegnarono un incarico in Cina. Durante i venti anni trascorsi in Cina, divenne uno dei massimi specialisti in geologia e paleontologia dell’Asia, comunicando il proprio pensiero in opere diventate celebri. L’originalità e l’importanza delle sue intuizioni emerge anche dal tema centrale delle conversazioni con padre Allegra, cioè il primato di Cristo in san Paolo e Duns Scoto.
L’occasione dei colloqui venne offerta dal Delegato apostolico in Cina, monsignor Mario Zanin, nelle cui intenzioni il teologo francescano avrebbe dovuto aiutare lo scienziato a conoscere più da vicino la teologia del primato assoluto di Cristo, offrendogli così preziosi strumenti per una migliore formulazione delle sue affascinanti, ma inedite, intuizioni. Monsignor Zanin si era rivolto a padre Allegra perché voleva dare a Teilhard la soddisfazione di veder stampata l’opera (scritta circa quindici anni prima) a cui lo scienziato e padre gesuita tanto teneva, ma che i censori della Compagnia gli avevano negato, L’ambiente divino, sul cui frontespizio si legge la dedica «Sic Deus dilexit mundum. A ceux qui aiment le monde cette exquisse d’un Optimisme chrétien».
Dopo un’attenta e meticolosa lettura, che pur riconosceva i pregi del testo, la censura fu dichiarata negativa, a motivo di una certa ambiguità lessicale e di alcuni concetti che non tutti avrebbero correttamente compreso. Allegra aveva comunque messo in luce anche alcune intuizioni che lo avevano affascinato, in particolare l’assoluto primato di Cristo.
Il Delegato gli affidò allora il delicato compito di comunicare egli stesso a Teilhard de Chardin l’esito della lettura, cercando di illuminare e chiarire i punti controversi. Fu così che ebbero inizio le conversazioni tra il giovane teologo francescano — allora intorno ai trentacinque anni — e lo scienziato gesuita, poco più che sessantenne. Interessanti alcuni tratti umani e cristiani di Teilhard, che emergono dall’esperienza e dalle impressioni di Allegra: «Mi stupì innanzi tutto la sua umiltà, ché ascoltava con sincera benevolenza quegli appunti di indole filosofico-teologica che facevo al suo pensiero (...) Più stupito restavo quando mi parlava di argomenti scientifici (...) ma soprattutto mi commosse al massimo la sua spiegazione, direi meglio le sue spiegazioni, ché ci tornava spesso, del Cristo Alfa e Omega, del Cristo Pleroma». E ancora: «Era un intuitivo e un mistico e, come mistico, assorto nel suo mondo interiore, preso tutto da esso. Sacerdote, poeta, pensatore, mistico (...) tutto gli serviva per tornare alla sua idea fissa: Cristo Alfa e Omega, Cristo Pleroma; la natura, la materia è santa, l’universo è il manto regale di Cristo».
Durante quei colloqui — che padre Allegra confessa essere rimasti «indelebilmente scolpiti nel mio cuore» — approfondirono insieme i testi di san Paolo e di Scoto, allargando l’orizzonte anche ad Agostino, Francesco di Assisi e Francesco di Sales. Entrambi convenivano sulla necessità di elaborare una teologia cosmica costruita alla luce del primato universale e assoluto di Cristo. Teilhard non si definiva un teologo, ma uno scienziato che cerca di farsi comprendere agli uomini di oggi e va in cerca degli scienziati, qui foris sunt. Quando per la prima volta padre Allegra gli disse che quanto egli sosteneva era parte dell’insegnamento tradizionale della scuola francescana, Duns Scoto in particolare, «per la prima volta avvertii la profonda commozione del padre, che si manifestava per uno speciale scintillio dei suoi occhi nerissimi; le nostre anime vibravano».
Anche Allegra era affascinato dalla grandezza cosmica e dal primato, cioè la regalità, di Cristo, Rex totius universi, Alfa e Omega, principio della creazione di Dio, fine ultimo in vista del quale tutto è stato fatto e verso cui tendono tutte le cose; tale presupposto comporta che l’incarnazione non sia occasionata dal peccato. È una dottrina che si fonda sulla Sacra Scrittura, in particolare sugli scritti di san Paolo (1 Corinzi, 15, 28; Colossesi, 3, 11) e di san Giovanni (Apocalisse, 1, 8; 22, 12-13); anche alcuni esegeti anglicani la sostengono, oltre a pensatori, mistici e santi. È una teoria ancorata nella grande tradizione della Chiesa antica; insigni Padri della Chiesa come Ireneo, Atanasio, Giovanni Crisostomo, Cirillo di Alessandria, Anastasio Sinaita e Isacco di Ninive l’hanno sostenuta; non si tratta perciò di una dottrina isolata e peregrina. Il problema è che molti di questi Padri non sono riusciti a elaborare una sintesi tra la dottrina dell’incarnazione indipendente dal peccato e quella che considera l’incarnazione in funzione della redenzione, ordinando in un sistema armonico la verità totale; unica eccezione è il tentativo di Ruperto di Deutz. Dopo di lui, però, la dottrina del primato assoluto di Cristo, invece che come dato rivelato, è stata presentata come domanda e ipotesi: se Adamo non avesse peccato, il Verbo si sarebbe incarnato?
Duns Scoto tentò la sintesi a partire dai principi Deus est formaliter charitas e Deus voluit ab alio summe diligi.
Primato assoluto significa regalità universale di Cristo: è il filo conduttore della riflessione teologica tra i francescani seguaci di Duns Scoto: san Bernardino da Siena, san Lorenzo da Brindisi e, recentemente, alcuni teologi tra cui De Basly, Longpré, Balić. Anche san Francesco di Sales e don Luigi Sturzo sono stati affascinati dal primato assoluto di Cristo.
Oggi — osserva padre Allegra — la teologia dovrebbe lavorare su questa sintesi, invece risulta statica, priva di dinamismo, perché separata dalla scienza, che, da parte sua, è in progressiva frammentazione. La Chiesa invece, ma soprattutto il mondo e la cultura contemporanea, hanno bisogno di una “teologia cosmica” nella quale si incontrino il pensiero di Platone, di Aristotele, degli Arabi, insieme alle illuminazioni profetiche dei santi, come aveva già auspicato Dante (cfr. pp. 37-38).
Teilhard condivide da scienziato tale esigenza quando imposta la sua prospettiva a partire dalla domanda su “quale sia la posizione di Cristo nell’universo” (cfr. Colossesi, 1, 16-17; Ebrei, 1, 2-3), al fine di integrare i dati della Rivelazione e della scienza in una teologia cosmica: «la passione di leggere le vie di Dio nell’universo non solo mi sostiene, ma mi stimola». Afferma perciò che l’evoluzione ha un fondamento e un’anima teologica, in quanto è ordinata alla gloria di Cristo: l’universo tende all’uomo e l’uomo tende a Cristo, punto Omega, le Grand Christ; di conseguenza, il mondo ha senso solamente in Cristo.
Questa intuizione — ad avviso di Allegra — è il «contributo imperituro» dello scienziato francese ai teologi e filosofi cristiani, purché questi siano «fuochi tutti contemplanti» e abbiano «il cuor saldo»; infatti «la fede e la scienza sono chiamate non a combattersi ma a completarsi». Teilhard conferma: «Luce non può spegnere luce», anzi, «qualsiasi luce, accostata a un altro focolare di luce, brilla maggiormente».
Principio dell’azione di Dio extra se, Cristo è il “Diletto” (egapèmenos) di Dio, il “Primo voluto” fra tutti gli esseri creati: «Il Cristo non è entrato nell’universo creato occasionalmente a motivo del peccato, ma al contrario è l’universo che esiste per il Cristo, in vista di Lui. È il Cristo, vorrei dire, che è l’occasione dell’esistenza dell’universo, che in Lui ha consistenza. Lui, il Rivelatore, Lui il Glorificatore del Padre, Lui il Capo della creazione, che in virtù della sua Incarnazione è stata consacrata e continua ad essere consacrata dalla sua Chiesa» (p. 45). L’incarnazione è la massima opera di Dio, il capolavoro verso cui tutto converge; il Figlio di Dio incarnato è Alfa e Omega, re dell’universo, colui che tiene il primato su tutte le cose (Colossesi, 1, 18).
Anche la teologia francescana, Duns Scoto in particolare, riconosce che la creazione è stata ordinata all’incarnazione come sua causa finale; ecco perché il Verbo incarnato è il “Primo”.
Analogamente Teilhard de Chardin, in L’ambiente divino chiama Dio e Cristo l’Aimant et l’Aimable, sulla linea di san Paolo, san Giovanni, san Francesco e Duns Scoto: «Alla luce di questa dottrina, che ha per sfondo sempre presente la tesi cristocentrica, il dramma della redenzione, da dramma di giustizia si muta in dramma di purissimo e ardentissimo amore».

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