venerdì 31 agosto 2012



Dalla Reliquia alle reliquie
La santità di Rosa visibile e tangibile

Mostra di oggetti sacri e documenti
Viterbo, Chiostro del Monastero di Santa Rosa - Italia
1-9 settembre 2012

Nei giorni 1 2 e 3 settembre alle h. 11.15 si terranno nella chiesa di S. Rosa degli interventi di approfondimento sul tema delle reliquie.

In previsione del prossimo Sinodo Ordinario dei Vescovi sulla nuova Evangelizzazione e dell'Anno della Fede indetto da papa Benedetto XVI, il monastero delle Clarisse di Santa Rosa di Viterbo, in collaborazione con il Centro Studi Santa Rosa da Viterbo Onlus e il Centro Diocesano di Documentazione e con il sostegno e il placet del Vescovo della città, Sua Eccellenza Mons. Lino Fumagalli, organizza dal 1° al 9 settembre una mostra sulle reliquie di santa Rosa − Dalla Reliquia alle reliquie. La Santità di Rosa visibile e tangibile − che si terrà  nel chiostro del monastero di Santa Rosa a Viterbo.

Lo scopo precipuo della mostra è quello di evidenziare la grande devozione popolare per santa Rosa attraverso le reliquie, espressione per un verso del desiderio di concretezza della religiosità popolare e per l’altro di ciò che Hans Urs von Balthasar indicava come un aspetto caratterizzante il cristianesimo, ossia "il tutto nel frammento".

In particolare con tale evento si intende informare correttamente i fedeli su cosa sono le reliquie, sulla loro importanza e sul loro profondo significato per fugare ogni pratica pagana e superstiziosa  connessa al loro culto. A tal fine nei giorni 1, 2 e 3 settembre alle ore 11:15 nella chiesa di Santa Rosa verranno fatti degli approfondimenti sul tema oggetto della mostra con professori di chiara fama internazionale.

Aprirà il ciclo di conferenze la prof.ssa Giovanna Casagrande, docente di Storia medievale presso l’Università di Perugia, con una relazione sul culto delle reliquie nel Medioevo durante la quale delineerà l’evoluzione di tale pratica dalle sue origini risalenti ai primi secoli del Cristianesimo fino all’epoca bassomedievale ; il giorno seguente, la prof.ssa Alessandra Bartolomei Romagnoli della Pontificia Università Gregoriana si soffermerà sulla storia e il significato della devozione del Cuore; infine il prof. Luciano Osbat, direttore scientifico del Centro Diocesano di Documentazione, parlerà del culto delle reliquie in epoca moderna, evidenziandone il profondo cambiamento che si ebbe dopo il Concilio di Trento.



Per informazioni:

Centro Studi Santa Rosa da Viterbo Onlus
via O. Benedetti, 21
00110 Viterbo - Italy
centrostudisantarosa@gmail.com

giovedì 30 agosto 2012



Dalla Corte al Chiostro
Santa Caterina Vigri e i suoi scritti

VI Giornata di studio sull’Osservanza francescana al famminile
Ferrara, Monastero Corpus Domini

Siamo nel all’anno cateriniano in occasione del terzo centenario della canonizzazione (1712-2012) e del sesto centenario della nascita (1413-2013)


Nei luoghi che hanno visto i primi passi e lo sbocciare di Caterina Vigri, cioè il Monastero del Corpus Domini di Ferrara, si è svolta, sabato 5 novembre 2011, la VI giornata di studio sull’Osservanza francescana al femminile, promossa dal suddetto Monastero, in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia università Antonianum di Roma e con il Monastero di Santa Lucia di Foligno. Il titolo dato al Convegno “Dalla Corte al chiostro” esprimeva la sottolineatura che si voleva dare alla “formazione culturale e spirituale di santa Caterina negli anni della sua permanenza a Ferrara”, con un’attenzione particolare ai suoi scritti. I relatori e il pubblico hanno trovato posto nel Coro delle Sorelle che risale alla fine del 1600 e in cui sono tuttora custodite, visibili ai visitatori, le lapidi tombali di molti membri della famiglia estense, le cui vicende si intrecciarono in alcuni casi con quelle di Caterina e delle sorelle che le succedettero.
Ha aperto il convegno la Madre Abbadessa del Monastero, suor M. Paola Bentini, con un saluto in cui ha sottolineato la grazia dell’evento e insieme come sia rischioso, secondo san Francesco, di limitarsi a raccontare le opere dei santi se non si percorre il loro stesso cammino di impegno cristiano; di qui l’augurio che le parole, gli studi, e tutto l’impegno profusi nella giornata fossero stimoli per  una vita ricca e piena come quella di Caterina, segnata dal sigillo della santità. Ha preso poi la parola il sindaco di Ferrara, l’Avv. Tiziano Tagliani, per sottolineare  come eventi di questo tipo siano accolti con gioia da chi vede il benessere dei cittadini non solo in un’ottica di risposta a bisogni materiali ma di investimento in valori spirituali e culturali. Ha concluso questo primo momento introduttivo il p. Pietro Messa, ringraziando tutti coloro che hanno reso possibile questo evento e coloro che con lo studio e l’impegno accademico danno la possibilità di maturare un approccio sempre più serio e rispettoso alla figura di Caterina Vigri e alla ricchezza spirituale e culturale dell’epoca e del luogo in cui visse.
E’ iniziato quindi il Convegno vero e proprio con il primo relatore, Enrico Peverada, con la relazione Spiritualità e devozione femminile nella Chiesa ferrarese del Quattrocento ha presentato, sulla scorta di numerosi documenti, soprattutto notarili ed ecclesiastici, la prima parte del suo lavoro, riguardante le non facili vicende storiche legate alle origini del Monastero del Corpus Domini (propriamente “del Corpus Christi”), diviso tra l’orientamento agostiniano verso cui propendeva il vescovo – secondo le intenzioni iniziali di Bernardina Sedazzari e alla luce del documento papale del 1419 – e quello francescano, come delibererà il consiglio marchionale nel 1426. Caterina, che entra intorno al 1426, accolta da Lucia Mascaroni (“la nostra prima madre... che me mostrò lo modo de servire a Dio”) e che  si avvale, in particolare, della direzione spirituale dei francescani dell'Osservanza del Convento di Santo Spirito, non è certo marginale testimone di questo processo difficoltoso e talora drammatico. Il relatore, rimandando alla pubblicazione degli Atti, accenna poi al contenuto della seconda parte del suo lavoro, circa la presenza in Ferrara di forme di vita consacrata  a livello familiare, nella prima metà del XV secolo, presso il ceto borghese, rilevabile attraverso lasciti e testamenti destinati a donne (in genere un paio) connotate con varie diciture: “suore della casa”; “bonas mulieres ad servitium Dei”; “pauperibus mulieribus spiritualibus”; “spirituales pauperes amicas Dei”: esperienze queste non riconducibili alle “sorores de Poenitentia”, pure documentate.
Gabriella Zarri con la relazione Una regola dei monasteri femminili ferraresi alla fine del secolo XV: il Prologo dell’ordine del vivere neli monasterii di monache et temporale et spirituale (Ferrara, Lorenzo Rossi da Valenza, 1497) riflette sulla regola di ispirazione agostiniana pubblicata a Ferrara nel 1497 da Lorenzo Rossi da Valenza, opera di Matteo da Ferrara, eremita di Sant’Agostino, noto per la traduzione delle epistole di san Girolamo.  Essa, insieme al ben più noto trattato De plurimis claris et selectisque mulieribus di Iacopo Filippo Foresti, anche lui eremita di Sant’Agostino, fa riferimento ad un’esperienza spirituale femminile che proprio in Ferrara, in un ambiente segnato dalla santità di Caterina Vigri, trova un essenziale punto di riferimento. Scopo dell’intervento è di presentare questa operetta inserendola nel contesto della letteratura ferrarese coeva indirizzata alle donne e di collocarla all’interno delle correnti spirituali osservanti che operano nel ducato estense tra Quattrocento e primo Cinquecento. Ma l’interesse di quest’opera risiede principalmente nella stretta relazione tra parola e immagine – un aspetto che il pubblico ha immediatamente constatato per mezzo della sistematica proiezione delle immagini presenti nel volume. Ogni capitolo è infatti illustrato da una xilografia, secondo un ben calcolato dispositivo di imagines agentes atte ad imprimere nella memoria i momenti essenziali della vita monastica: da quelli decisivi, inaugurali (come l’arruolamento della novizia, la sua educazione alla preghiera e alla  lettura),  agli eventi quotidiani (il lavoro manuale, la lettura in refettorio, la ricreazione, i colloqui al parlatorio).
Dopo una breve pausa, il prof. Marco Bartoli con l’intervento Caterina Vigri tra Bologna e Ferrara ripercorre la biografia di Caterina, soffermandosi sulla visione che precedette di quasi un anno la sua morte, sigillata dalle parole: “Et gloria eius in te videbitur”, parole che ebbero un significato speciale nella coscienza personale della Santa e che danno il senso della sua vocazione. Caterina, gravemente malata ma preoccupata per le sorti di un mondo che sembra avvolto nella tenebra (cfr. Is 60,1), comprende che proprio nella sua fragilità si rivela la gloria di Dio che sola può trasformare il mondo. La viola che esattamente in quell’occasione Caterina riprende in mano dai tempi della Corte, lo strumento amato anche da Parisina, la moglie bambina di Nicolò III, può suggerire, senza pretese di storicità, la suggestiva ipotesi che la Vigri, riprendendo a suonare dopo tanti anni, ritornasse con il ricordo alla infelice giovane marchesa: alla fine della sua vita Caterina avrebbe avuto piena consapevolezza che la vera gloria non è quella che si cerca da sé, come forse pensava Parisina; la gloria vera, quella che si manifesta in Caterina malata, ma che resterà per sempre, è quella di Dio.
Di assoluto rigore scientifico l’intervento di Nicoletta Giovè, La scrittura e i libri di Caterina Vigri che propone un quadro molto ampio della produzione culturale (copia di manoscritti, ma anche opere originali) nei monasteri femminili dell’Osservanza, definendolo poi nei suoi aspetti peculiari dentro la varietà grande di “esperienze grafiche” propria del Quattrocento, un secolo in cui continuano i modelli grafici tardomedioevali accanto alla nuova scrittura umanistica. L’analisi della relatrice sui due autografi accertati: il codicetto delle Sette armi spirituali e il Breviario, mostra un forte collegamento al sistema della littera textualis, assolutamente indifferente alla scrittura alla moda nel Quattrocento, la minuscola umanistica che al tempo in cui Caterina studia, si stava diffondendo anche nell’Italia centrosettentrionale. Non essendo possibile qui elencare i tratti che definiscono la scrittura usata da Caterina, basterà sottolineare che la paleografia, a questo livello di estrema acutezza, non è più una semplice “scienza sussidiaria”, ma  indica una via di accesso alla comprensione dei segreti di un’avventurosa esperienza culturale e spirituale.
Il pomeriggio si apre con Antonella Dejure il cui intervento Tra lingua di corte e lingua “di pietà”: il volgare delle Sette armi spirituali di santa Caterina Vigri si situa in una Ferrara in cui la circolazione di testi e di esperienze linguistiche diverse implica una «confluenza di molteplici tradizioni linguistiche e culturali». Lo studio delle varianti linguistiche nell’autografo delle Sette armi propone un’autrice che continua a sottoporre il suo testo a correzioni linguistiche: esse esprimono il tentativo di superamento della condizione dialettale, in un processo di “provincializzazione” forse dovuto al contatto con la tradizione laudistica umbro-toscana e con l’oratoria sacra quattrocentesca e forse dovuto anche a preoccupazioni divulgative, che introdurrebbero in una visione di “rete” tra i vari monasteri, confermata dalla profonda influenza delle Sette armi spirituali sulla formazione e gli scritti delle clarisse successive a Caterina. La disamina su alcuni nuclei  linguistici e relative aggettivazioni del testo suddetto – un numero limitato di vocaboli, ciascuno dotato di un vasto repertorio di aggettivi che ne dilata lo spettro semantico – fa emergere l’iniziativa della Vigri, che maneggia magistralmente e originalmente la penna, piegando alla sua attuale esperienza spirituale di donna del quattrocento il vocabolario mistico tradizionale. La nuova stagione dell’Osservanza francescana femminile va affidandosi ad un lessico di realistica comunicazione, ormai sempre più proiettato verso gli orizzonti della lingua volgare.
Silvia Serventi in I trattati e le lettere come specchio della cultura di Caterina e delle consorelle parte dall’ ipotesi che le idee e le scritture della Santa vivano in un humus culturale comune, fatto di letture partecipate, di esortazioni e dialoghi, con una diffusa «passione per la scrittura». La relatrice  prende in considerazione l’eventuale passaggio di nuclei tematici tra il trattato, le glosse del breviario e i trattatelli compresi nei codici miscellanei conservati presso l’Archivio Arcivescovile di Bologna, in cui compaiono alcuni autografi della Santa e, con la proiezione di schemi, riesce a rendere il senso di questa rete di relazioni intertestuali, che portano alla luce opere – considerate importanti per la comunità – evidentemente familiari a Caterina e alle sue consorelle, rielaborate a volte con grande libertà. Si pensi alla familiarità con le laudi e i trattati di Ugo Panziera, uno dei poeti francescani sui quali si posò l’attenzione di Federico Ozanam e di cui Caterina ha memorizzato tutto un repertorio di immagini che è in grado di riutilizzare originalmente.  E’ quindi possibile affermare che la maestra delle novizie, grazie alla sua passione per la scrittura, seppe trasmettere elementi concreti di riflessione relativi all’orazione, alla recita dell’ufficio divino e alla perfezione della vita religiosa, dando vita ad uno dei centri più attivi dell’Osservanza francescana femminile tra Quattro e Cinquecento, la cosiddetta «bottega» del Corpus Domini, (la Serventi prende a prestito dalla storia dell’arte il termine “bottega” per designare la contiguità tra la scrittura della Vigri e delle sue discepole)  attiva probabilmente sia mentre Caterina era ancora in vita sia dopo la sua morte.
Madre Mariafiamma Faberi, nella relazione La pedagogia dell’immagine nelle miniature e negli scritti di S. Caterina da Bologna, introducendo nel raffinato mondo della miniatura, che seppe attingere, alla corte ferrarese, alle forme di arte più innovativa del tempo,  sottolinea, nel “Breviario”,  la forza evocativa dell’immagine,  unita a ricche potenzialità pedagogiche:  Caterina sembra averlo inteso come una sorta di “diario della sua vita spirituale” oltre che come libro di preghiera; negli occhielli delle maiuscole, nei margini di pergamena prima dei capoversi o sullo sfondo delle figure miniate si trovano preziose note personali, talora confidenziali: notizie biografiche, giaculatorie, strofette in rima ora in latino ora in italiano, brevi rivelazioni ed esortazioni alle sorelle. Da qui l’ipotesi che Caterina si servisse della pittura per promuovere la vita spirituale e la riflessione teologica tra le sue sorelle, specie le novizie, stimolate in questo modo all’ascolto e alla riflessione. Un intento che rivela la forza di una eredità dell’Osservanza francescana nel cui ambito sovente circolavano manoscritti illustrati per rendere anche “visibili” gli insegnamenti di vita spirituale, basti pensare a san Bernardino, che visualizza le sue prediche sulle tavolette con il monogramma del Santo Nome di Gesù dipinto come sole rutilante sullo sfondo della fede rappresentato dal colore azzurro cielo intenso. “Se l’uomo è fatto a immagine e somiglianza divina, Dio ha in sé l’immagine umana; se il volto di Dio ha assunto in Gesù il volto dell’uomo, l’uomo ha assunto il volto di Dio”.
E’ compito del prof. Carlo Delcorno in Dalla corte al chiostro. Santa Caterina Vigri e i suoi scritti ripercorrere e concludere i lavori di questa VI giornata di studio, partendo dal contemporaneo di Caterina, san Bernardino da Siena che “parlava ai senesi delle più avanzate esperienze dell’Osservanza femminile (Milano, Verona e Bergamo) convinto che la cosa riguardasse il suo pubblico, costituito prevalentemente da laici e soprattutto da donne”. Il rapporto tra piazza e convento, tra predicazione dell’Osservanza e letteratura elaborata nei monasteri delle clarisse, la rete fittissima che si intravede tra monasteri, si saldano da vicino con il tema di questa giornata che si è trovata a toccare questo ricco sistema di relazioni, l’intreccio di esperienze comuni a predicatori dell’Osservanza e umanisti, gli scambi tra la corte e il chiostro, “in un singolare e originale nodo di cultura e santità”.
A conclusione dell’evento, l’Ensemble di musica medievale ‘La Reverdie’ ha offerto un concerto di musica quattrocentesca e testi dei Dodici Giardini e delle Laudi. Suggestivi, all’inizio e alla fine del concerto, i due brevissimi saggi di danza quattrocentesca in costumi d’epoca offerti dal gruppo ‘Unicorno’. Ora c’è solo da aspettare la pubblicazione degli Atti di questa giornata che saranno editi nella collana “Viator” delle Edizioni Porziuncola.

Sorelle Clarisse – Monastero Corpus Domini – Ferrara

mercoledì 29 agosto 2012


Linguaggio nuovo e comprensibile
per far conoscere Cristo

Il cardinale Braz de Aviz su religiosi ed evangelizzazione

In un mondo secolarizzato, dove specialmente le nuove generazioni mancano di un’esperienza personale con Dio e sono “religiosamente analfabete”, il modo migliore di annunciare il Vangelo e quello di mostrare Dio in modo palpabile, evidente, per sentieri che non esigano
iniziazioni costose e difficili. Esemplare in questo senso e la comunione tra consacrati, perché testimonia la possibilità di “offrire qualcosa dell’esperienza di Dio a tanti lontani”. Ne è convinto il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti
di vita consacrata e le Societò di vita apostolica. Tanto che ne ha fatto il punto centrale del suo intervento su “Comunione ed evangelizzazione” davanti a una folta presenza di consacrati a Madrid, nell’ambito della passata Settimana della vita religiosa.
La carenza di una dimensione religiosa nelle nostre società, ha notato il porporato, provoca un serio problema di linguaggio, in quanto molti non comprendono più i termini usati nella tradizione e nella cultura religiosa. Questa incomprensione impedisce la comunicazione
del messaggio evangelico. Da qui l’importanza della comunione, poiché rende possibile
“dare visibilità, nei limiti di questa vita, alla salvezza che annunciamo. Ci da la possibilità di confermare il valore positivo che si nasconde dietro i precetti della morale cristiana”. Infatti, la comunione, ha sottolineato il cardinale, ci da la possibilità di mostrare Dio, “rispettando le esigenze della “secolarità”, senza usare risorse o mezzi direttamente religiosi. E questo e decisivo per la pastorale indiretta, ma anche per la pastorale diretta”.
D’altronde, ha fatto notare il porporato, la vita consacrata e sempre stata storicamente in prima linea nell’annuncio del Vangelo in ogni parte del mondo, anche quando le situazioni richiedevano sacrificio, coraggio e costante dedizione. Questo perché ogni carisma dato
dallo Spirito ha sempre una finalità e un respiro ecclesiale ed e concesso con una missione specifica a favore dell’umanità. E una riscoperta necessaria e di scottante attualità in questo periodo che precede la celebrazione del prossimo Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione.
In molte occasioni, ha sottolineato il porporato, i religiosi sono stati i pionieri che hanno aperto la strada al Vangelo proprio perche nella chiamata a seguire Cristo e inserito il compito di dedicarsi interamente alla missione. La stessa comunione che esiste all’interno delle comunità, come ricorda l’esortazione post-sinodale Vita consecrata , possiede un’intrinseca
dimensione evangelizzatrice. Per questo, i consacrati devono essere “esperti in comunione”, cosi da poter mostrare concretamente la presenza di Cristo. Infatti, insieme con la testimonianza della carità eroica, ha evidenziato il cardinale, “la comunione vissuta tra i consacrati e l’unico segno visibile di salvezza per tanta gente del nostro mondo secolarizzato “dura di orecchie” quando si parla di religione”.

martedì 28 agosto 2012


Selos usados ajudam nas missões em Angola-África

Há mais de 50 anos funciona no Convento do Sagrado Coração de Jesus, em Petrópolis, RJ, O Centro Filatélico Franciscano. Tal serviço existe com o objetivo de arrecadar recursos para as Missões Franciscanas na África. O Centro Filatélico Franciscano recebe selos novos ou usados, bem como Coleções vindos de todas as regiões do Brasil e também de outros países. Todo material recebido é repassado a colecionadores e os recursos são integralmente aplicados na Missão Franciscana em Angola, na África; onde os missionários atuam em diversas frentes: paróquias, projetos sociais, trabalhos de horticultura, entre outros. Angola é um país em reconstrução, pois esteve em guerra até pouco tempo.

SELOS USADOS AJUDAM NAS MISSÕES EM ANGOLA-ÁFRICA

Doando selos usados, recortados de envelopes ou no envelope inteiro, você contribui com as Missões em Angola-África; favor entregar sua doação no seguinte endereço:

Centro Filatélico Franciscano
Igreja/Convento do Sagrado Coração de Jesus
Rua Montecaseros, 95 – Centro
Petrópolis – RJ – Brasil
Cx. Postal 90023
25689-900
Telefone: 55 24 2242-6915

lunedì 27 agosto 2012


Fr. Mauro Jöhri: rieletto Ministro generale dei Cappuccini

Roma (27 agosto 2012)

Il Capitolo generale dell’Ordine dei Cappuccini, attualmente riunito a Roma, ha rieletto Mauro Jöhri, membro della Provincia cappuccina di Svizzera, come nuovo Ministro generale per i prossimi sei anni.



Fr. Mauro è nato il 1° settembre 1947 a Bivio nel Cantone dei Grigioni, cosa che spiega anche il suo amore per la montagna e per le scalate. Domina le quattro lingue della Svizzera: italiano, ladino, tedesco e francese. Nel 1959 iniziò la scuola media a Faido (Ticino) e nel 1964 entrò nel Noviziato dei Cappuccini. Svolse i primi anni di teologia nell’istituto dell’Ordine a Solothurn. Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1972, continuò gli studi alle Università di Friburgo (Svizzera) e di Tübingen e poi alla Facoltà teologica di Lucerna.

Nel 1980 terminò gli studi teologici con il dottorato presso la Facoltà teologica di Lucerna. La sua tesi di dottorato ha come argomento la teologia della croce nell’opera di Hans Urs von Balthasar. Dopo il suo ritorno nella Regione meridionale della Svizzera, è stato guardiano nel convento della Madonna del Sasso vicino a Locarno e ha lavorato come insegnante di religione nella scuola cantonale del luogo. Per quattro anni è stato presidente della commissione del piano pastorale della Conferenza episcopale svizzera. Per dieci anni ha insegnato dogmatica e teologia fondamentale alla Facoltà teologica di Coira e per alcuni anni è stato professore incaricato nella Facoltà teologica di Lugano.

Nel 1989 i cappuccini lo elessero Superiore della Regione della Svizzera Italiana e nel 1995 Provinciale della Provincia cappuccina svizzera. In tale ruolo divenne presidente dell’Unione dei Superiori religiosi della Svizzera. Dopo aver terminato il periodo di Provincialato, ha continuato la sua formazione permanente all’Institut de formation humaine intégrale di Montréal in Canada. Nel 2005 di nuovo è stato eletto Provinciale dei Cappuccini svizzeri e 4 settembre 2006 è stato eletto Ministro generale.







Nell’Assisi brasiliana alla fonte della spiritualità

A Caninde il congresso dei francescani a conclusione dell’anno clariano

di EGIDIO PICUCCI

“Quattro anni fa, quando abbiamo deciso di organizzare un congresso per tutti gli istituti francescani presenti in Brasile in occasione dell’anno clariano, di cui si cominciava a
parlare nell’ambito degli ordini francescani, non abbiamo avuto alcun dubbio sulla scelta del luogo: Caninde, abbiamo detto tutti subito, perché la città e l’Assisi brasiliana, visto che vi si trova il santuario francescano che accoglie il maggior numero di pellegrini al mondo”.
Frei Ederson Querioz, cappuccino, ex segretario della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, si riferisce al santuario di San Francisco das chagas (San Francesco stigmatizzato), costruito intorno al 1775 in una zona isolata e arida dello Stato del Ceara, divenuto, col tempo, il simbolo di un popolo che la povertà “ricopre di piaghe”, visibili nei volti invecchiati prematuramente da
un’esistenza breve e particolarmente dura.
“C’e Assisi, d’accordo, ma molti vanno ad Assisi “anche” per vedere la cornice del santuario (basti pensare alle pitture della vostra nascente arte italiana), mentre a Caninde — sottolinea Frei Querioz — il milione e più di persone che vi si recano ogni anno non hanno alcun interesse per i pur pregiati affreschi di Giorgio Kau, ma vi arrivano solo per venerare san Francesco. E con grossi sacrifici, perché il santuario si trova in una delle zone più aride del Brasile, quel famoso Nord Est in cui l’acqua e un sogno che tormenta otto milioni di persone per tutta la vita solo nel Ceara”.
La statua del santo — ha aggiunto poi Frei Ederson — ne riflette le sembianze nel sangue delle stimmate “e noi abbiamo voluto che i francescani brasiliani, riuniti attorno al suo altare, imparassero da lui a curare le piaghe di una società che, credendo di poter fare a meno di
Dio, si sta spiritualmente suicidando”.
Per tre giorni Caninde, che non ha nulla a che vedere con le città che si gloriano di custodire un santuario famoso, ha visto sfilare per le strade anguste e roventi di sole millecinquecento
francescani: religiosi, religiose, terziari, giovani della Gifra (Gioventu francescana), riconoscibili
o dall’abito o dai simboli che richiamavano Francesco o Chiara, soli o a gruppi, familiarizzando com o povo che ha scoperto come si può essere contenti anche senza possedere nulla.
“Il congresso e stato preparato minuziosamente nelle rispettive fraternità — precisa ancora Frei
Ederson — le quali hanno pensato sia al viaggio sia alla sistemazione logistica. Nessun ente, religioso o civile, ci ha dato un centesimo. Santa Chiara ci ha insegnato che una povertà ingegnosa consente quello che normalmente e frutto del benessere.
Spiritualmente ci siamo preparati al congresso riflettendo sul tema fondamentale della fraternità, perché le divisioni che hanno frazionato il francescanesimo nei secoli sono state opera degli uomini, contrarie alle intenzioni di Francesco. Grazie a Dio in Brasile i francescani di ogni ordine e grado formano davvero una sola grande famiglia.
Essi costituiscono un piccolo esercito composto da 30.560 unità che fanno capo alla Familia francescana brasileira, la quale raggruppa 104 congregazioni divise tra gli appartenenti
ai quattro ordini maschili (4.000), le monache clarisse e clarisse cappuccine (560), l’ordine francescano secolare (20.000) e la gioventù francescana (6.000).
Il congresso, che si è svolto dal 9 all’11 agosto, e stato scandito da riflessioni comunitarie, brevi pellegrinaggi all’interno della cittadina cearense, canti e incontri com Mãe Clara (meditazione sulla vita di santa Chiara) e riunioni com o esposo, adorazione del santissimo sacramento nelle chiese francescane (a Caninde ci sono solo i frati minori) del luogo. La partecipazione delle monache
clarisse ha dato al congresso un tocco di vera spiritualità clariana sia per quello che esse hanno detto, sia per quello che hanno fatto vedere.
Quelle che vivono a Caninde sono probabilmente le uniche al mondo a usare poverissimi abiti das graças, cioè delle grazie ricevute per intercessione di san Francesco. Infatti i pellegrini che fanno voto di vestire per qualche tempo il saio francescano, una volta arrivati a Caninde, lo lasciano al santuario che lo da ai poveri e alle clarisse che lo usano per confezionare il loro saio religioso,
il più delle volte mettendo insieme colori diversi. La gente lo sa e le guarda con invidia (non e da tutti vestire l’abito di un miracolato) e ammirazione.
Oltre ai francescani, hanno partecipato al congresso tre vescovi “per bere alla fonte della spiritualità
Francescana”, ha detto uno di loro, segno di comunione con i religiosi che, oltre a essere stati i primi evangelizzatori del Paese, sono oggi presenti in quasi tutte le diocesi della nazione.
Unanime la soddisfazione dei partecipanti che alla conclusione del congresso hanno rinnovato la promessa di vivere e far rivivere lo spirito francescano sia tra loro che nel popolo di Dio, simboleggiato nella ciranda (danza accompagnata dall’inno composto per l’anno clariano) e nel pane distribuito a tutti i presenti, in memoria del pane che santa Chiara benedisse su invito di Papa
Gregorio IX, stupito insieme a tutti gli altri per la croce chi vi rimase impressa.

domenica 26 agosto 2012


Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.
Sal 34

S. Francesco. Il coro del convento francescano a Koper in Slovenia





Bendeciré al Señor en todo tiempo,
su alabanza estará siempre en mis labios.
Mi alma se gloría en el Señor;
que lo oigan los humildes y se alegren.

Sal 34













S. Francesco: Santuario Mariano a Turnisce in Slovenia, Sec.13





Bendirei ao Senhor em todo o tempo;
o seu louvor estará continuamente na minha boca.
No Senhor se gloria a minha alma;
ouçam-no os mansos e se alegrem.

Sal 34



sabato 25 agosto 2012

San Ludovico IX, Re, Patrono del Terz’Ordine francescano

Curia generale OFM



Ludovico nacque nell’anno 1214 e fu educato piamente dalla madre Bianca di Castiglia, la quale, dopo la morte prematura del marito, esercitò la reggenza del regno fino alla maggiore età del figlio. Divenuto re di Francia, Ludovico si distinse subito per il culto della giustizia e per rispetto dei diritti altrui; curò non solo il bene temporale del popolo, ma anche quello spirituale. Fu vero modello di laico che lavora per Regno di Dio, cooperando all’edificazione della città eterna.
Intraprese due crociate per liberare il sepolcro di Cristo e morì, colpito dalla peste, vicino a Tunisi il 25 agosto 1270. Il papa Bonifacio VIII lo dichiarò santo nel 1297. E’ patrono del Ter’Ordine francescano insieme a S. Elisabetta d’Ungheria.
San Ludovico, prega per noi!

venerdì 24 agosto 2012


L’opera di frate DAVIDE d’AUGUSTA


L’opera di frate DAVIDE d’AUGUSTA – Sul sito della Provincia Serafica www.assisiofm.it  sotto la voce Cultura - Download  viene pubblicata, per  la prima volta in lingua italiana, la traduzione completa dell’opera di frate DAVIDE d’AUGUSTA: la formazione esteriore ed interiore dell’uomo. Si tratta di un’opera, liberamente scaricabile, molto importante: sia per la personalità dell’Autore (frate Davide è infatti maestro dei novizi negli anni 1235 c.), sia per i contenuti. Presenta infatti ottimo materiale per la meditazione e per la formazione. Soprattutto risponde alla domanda: cosa veniva insegnato a frati, suore, terziari … al tempo di S. Francesco? Se qualche tema trattato oggi non fosse condivisibile, rimane il fatto che su quei temi formativi ci si deve sempre confrontare. Si tratta di una delle opere formative più lette e meditate in tutti gli Ordini religiosi nei secoli passati. 
Per tutte le informazioni rivolgersi al P. Rino Bartolini: padrerinobartolini@tiscali.it


mercoledì 22 agosto 2012


Il Gentile aperto alle fedi
di Gianfranco Ravasi
(da: Il Sole 24Ore, domenica 19 agosto 2012)

La curatrice, Sara Muzzi, mi invia il volume con una dedica essenziale: «Un Cortile dei Gentili medievale!». A molti lettori è, infatti, nota la mia iniziativa, sulla scia di un invito inserito in un discorso di Benedetto XVI, a costituire uno spazio di dialogo tra credenti e non credenti, ponendolo all'insegna di quell'atrio che nel tempio ebraico di Gerusalemme poteva ammettere anche i pagani, così che voci e sguardi s'incontrassero, pur nella diversità delle identità. Chi è mai il precursore medievale di questa intuizione?
È un sorprendente e affascinante personaggio del XIII secolo di Palma di Maiorca, Raimondo Lullo: quand'ero prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, tra i non pochi che chiedevano di attingere a un cospicuo fondo di codici manoscritti lulliani là custodito c'era Umberto Eco che mi confessava la sua sconfinata ammirazione per questa figura proteiforme. Sposato con due figli, funzionario del re Giacomo II, cultore di poesia trobadorica, si converte in seguito a un'apparizione del Crocifisso; si fa pellegrino, si consacra alla studio dell'arabo e della filosofia e teologia musulmana accanto a quella cristiana; si ritira su un monte, viaggia a Montpellier e a Parigi dal re e a Roma dal Papa, cade in depressione a Genova, ma rianimato dallo spirito del dialogo, si reca in missione a Tunisi, da dove è espulso e ripara a Napoli.
Si sposta tra Barcellona, Maiorca, Parigi e Anagni (da Bonifacio VIII), s'imbarca per Cipro, rientra a Parigi, s'imbarca per una nuova missione in Algeria ove è imprigionato. Espulso, fa naufragio presso Pisa, corre dal Papa che è ad Avignone, si reca a Parigi e a Vienna per partecipare all'omonimo concilio del 1311-12. Si trasferisce a Messina e di lì a Tunisi e, infine, probabilmente nella sua terra di nascita, muore tra il 1315 e il 1316 ultraottantenne. In questa girandola frenetica di viaggi, eventi, incontri e scontri riesce a scrivere una valanga di testi (ad esempio, quando è a Messina in un anno, nel 1313, compone almeno una trentina di scritti). Ma la sua curiosità e l'ansia di confronto interculturale e interreligioso erano sbocciate in quell'osservatorio privilegiato ove aveva visto la luce, l'isola catalana di Maiorca protesa sul Mediterraneo con le presenze vivaci e non conflittuali delle tre religioni monoteistiche: cristianesimo, ebraismo e islam.
Ora, l'opera Il libro del Gentile e dei tre Savi, che Sara Muzzi mi ha inviato (con la traduzione dal catalano di Anna Baggiani, scomparsa durante la stampa del testo) incarna in modo geniale proprio la passione di Lullo per il confronto tra culture e fedi diverse. Tra l'altro egli, definito «geniale plasmatore della lingua catalana», una lingua viva anche da noi ad Alghero, scriveva pure in arabo, la lingua della "missione", e in latino e aveva costituito una fondazione per l'insegnamento plurilinguistico perché «tutte le genti si comprendessero, si amassero e convenissero per servire Dio». Instancabile, compose almeno 280 opere inseguendo tutto l'arco dello scibile in un eclettismo che spaziava dalla teologia alla medicina, dalla filosofia all'astronomia, dalla logica al diritto, dalla retorica alla matematica, dalla mnemotecnica alla mistica, dalla politica alla pedagogia e altro ancora.
Forse ammiccando al Dialogo tra un filosofo, un giudeo e un cristiano di Abelardo (1141-42), Lullo mette in scena tre sapienti, un ebreo, un cristiano e un musulmano che cercano di dimostrare a un Gentile (un filosofo agnostico) la verità delle loro fedi, aprendo però un percorso teso a convergere verso un unico Credo. Infatti, passeggiando e discutendo, i tre Savi scoprono un prato con una fontana e cinque alberi. Là una misteriosa nobildonna, il cui nome è Intelligenza, li guida in un arabesco metaforico le cui ramificazioni tematiche e logiche si sviluppano proprio lungo quei cinque alberi, dotati di altrettante nuvole di fiori (49 per tre piante, 21 e 7 per le altre). Il simbolismo numerico è dominante e nel lettore crea un senso di spaesamento e di vertigine. Ma l'autore tiene le fila perché si approdi a quella meta unificatrice che non è, però, un sincretismo incolore, bensì la volontà di ricerca e di dialogo permanente nella reciprocità e nel rispetto.
Scrive, infatti, un esegeta lulliano, Orlando Todisco: «Lullo riflette a partire dai momenti più alti delle tre religioni. La sua è una presa d'atto di ciò che le tre religioni hanno saputo produrre, che egli evoca per risvegliare la coscienza critica e attivare un processo di crescita verso un'intesa sostanziale tra uomini di razze e di culture diverse». È, comunque, interessante scoprire l'indicazione della curatrice secondo la quale nella letteralità del testo, che descrive il dialogo interreligioso fra i tre monoteismi, si intuisce in filigrana un metatesto allegorico che introduce l'itinerario dell'anima verso la conoscenza di Dio sotto la guida dell'arte coi suoi simboli e le sue metafore da decodificare.
Tanto rimane da dire su quest'opera, così fluida e rigorosa al tempo stesso, e sul suo autore, artefice di una "scuola di missione" fondata non sull'imposizione attraverso la crociata, ma sul confronto intellettuale. Vorrei solo evocare il suo testamento-confessione, tratto da un'opera del 1311 ironicamente sottotitolata (il titolo è Phantasticus) «Disputa del chierico Pietro con l'insensato Raimondo»: «Sono stato sposato, ho avuto figli, ero adeguatamente ricco, dedito al piacere e alle cose del mondo. Ho volentieri abbandonato tutto ciò per poter procurare onore a Dio e beneficio agli altri e per esaltare la santa fede. Ho appreso l'arabo, più volte sono andato a predicare ai saraceni e per la fede fui imprigionato, incarcerato e bastonato. Ho faticato per 45 anni a spingere la Chiesa e i principi cristiani al bene del popolo. Ora sono vecchio e povero, ma resto della stessa idea e ci resterò fino alla morte, se il Signore me lo concederà. Tutto ciò ti sembra un'insensata utopia o non ti sembra tale? Sia la tua coscienza a giudicare...».

Raimondo Lullo, Libro del Gentile
e dei tre Savi, a cura di Sara Muzzi
e Anna Baggiani, Paoline, Milano,
pagg. 350, € 36,00.

martedì 21 agosto 2012


Una Casa per gli studenti a Perugia


Presso il Convento San Francesco del Monte in Perugia si trova Casa Monteripido, luogo francescano di ospitalità per soggiorni e convegni. Coniuga la comoda prossimità al centro storico di Perugia (15 minuti a piedi) e alle Facoltà Universitarie, con la tranquillità di un luogo di ritiro francescano, particolarmente adatto per lo studio e la riflessione.
Casa Monteripido, riconosciuta ufficialmente come albergo ad una stella, dispone di camere singole, doppie e triple, tutte con bagno, e di ampie sale storiche per l'accoglienza di ospiti per brevi soggiorni, di gruppi parrocchiali ed ecclesiali che desiderano vivere un tempo di ritiro in un luogo di particolare bellezza e pregio architettonico, immerso nel silenzio e nella natura.
Casa Monteripido accoglie, in una parte loro dedicata, studenti universitari (italiani e stranieri) ai quali viene data l'opportunità di vivere in un ambiente comunitario e fraterno per realizzare il proprio impegno di studio; mentre si preparano professionalmente, si arricchiscono anche nelle relazioni umane e maturano nella dimensione cristiana della vita.
A loro disposizione sono camere singole con bagno, una cucina indipendente con annesso refettorio, dispensa e tutti i servizi offerti dalla Casa di Accoglienza. Gli studenti accolti nella Fraternità hanno l'occasione di confrontarsi e di dialogare con la comunità dei frati francescani.

Agli studenti si richiede:

- serietà nello studio e rispetto del programma degli esami;
- responsabilità nella condivisione della vita fraterna;
- accettazione delle regole della Fraternità e della Casa.

Vi invitiamo a diffondere il presente annuncio a tutti quanti pensate ne possano essere interessati.


Per qualunque informazione contatta i Frati della
Casa Monteripido.

Convento di San Francesco del Monte

CASA MONTERIPIDO
Fraternità

Universitaria e Casa di Accoglienza

PERUGIA (Italy)
casamonteripido@monteripido.it
 
CASA MONTERIPIDO - Via Monteripido, 8
- 06125 Perugia (PG) - Tel. +39 (0)75 42210 - Fax  +39 (0)75 58 40 426
Sede Legale: P.zza Porziuncola, 1 - 06081 S. Maria degli Angeli (PG) 
-  C.F. e P.IVA: 00160170544

lunedì 20 agosto 2012


Celebrating the 800th Anniversary of The Conversion 
of St. Clare and The Founding of The Poor Sisters 
in Pacet, West Java (Indonesia)

About 200 people, 17 of whom are the Poor Clare Sisters celebrated 800 years of the conversion/ consecration of Clare and the Founding of the Order of Poor Sister on Sunday, August 12, 2012. The feast was held in the Santa Clara Monastery in Pacet, West Java (Indonesia). The solemn celebration of the eucharist was presided by Fr. Adrianus Sunarko, OFM (Minister Provincial of the Province of St. Michael Archangel (Indonesia), accompanied by Fr. Paskalis Bruno Syukur, OFM (Definitor General) and Fr. Hary Pr (Secretary of Diocese of Bogor).
In his sermon Fr. Paskalis highlighted the importance of “Remain in Jesus” (John 15:4). “The feast of 800 years of the conversion of St. Clare is a beginning St. Clare fall for Jesus with “remain in simplicity and poverty”, Fr. Paskalis said.
After the eucharist childrens of “The children’s Faith Development Program (Bina Iman Anak – BIA) in The Cipanas Parish” entertained guests with song and dance.



Celebrati gli 800 anni della Conversione di Santa Chiara e la Fondazione delle Sorelle Povere 
in Pacet, West Java (Indonesia).

Circa 200 persone, 17 delle quali  Suore Clarisse, hanno celebrato gli 800 anni della conversione / consacrazione di Chiara e la fondazione dell'Ordine dell Sorelle Sovere,  Domenica 12 agosto 2012. La festa si è tenuta nel monastero di Santa Clara in Pacet, West Java (Indonesia). La solenne celebrazione eucaristica è stata presieduta da Fr. Adrianus Sunarko, OFM (Ministro provinciale della Provincia di San Michele Arcangelo (Indonesia), accompagnato da Fr. Paskalis Bruno Syukur, OFM (Definitore generale) e Fr. Hary Pr (Segretario della diocesi di Bogor).
 Nella sua omelia Fr. Paskalis ha sottolineato l'importanza di "Remanere in Gesù" (Giovanni 15,4). "La festa degli 800 anni della conversione di S. Chiara è  l’inizio di Santa Chiara del suo  " rimanere in Gesu’ in semplicità e povertà ", ha detto Fr Paskalis.
 Dopo l’eucaristia i bambini del programma "Programma di Sviluppo della fede dei ragazzi   (Bina Iman  Anak - BIA) nella parrocchia Cipanas" hanno intrattenuto gli ospiti con canti e balli.




domenica 19 agosto 2012

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
e il pane che io darò
è la mia carne per la vita del mondo.

Gv 6,51


Yo soy el pan vivo bajado del cielo.
El que coma de este pan vivirá eternamente,
y el pan que yo daré es mi carne para la Vida del mundo.

Juan 6,51


 
I am the living bread that came down from heaven;
whoever eats this bread will live forever;
and the bread that I will give is my flesh for the life of the world.

John 6,51

sabato 18 agosto 2012


La nostra Regola tra eredità e sfida: Corso estivo di Francescanesimo

Assisi, 24 - 28 Settembre 2012

Presso la Sala Romanica del Sacro Convento di San Francesco, ad Assisi




Richiesto dalle Famiglie francescane presenti in Umbria, s’iscrive nell’ambito della collaborazione interfrancescana per una solida formazione francescana. La collaborazione in questo settore è una vera ricchezza per tutti, sia perchè garantisce una serietà scientifica nella ricerca, sia perchè favorisce la crescita della fraternità fra le diverse Famiglie Francescane.

Le lezioni hanno lo scopo di offrire gli strumenti ed i criteri adeguati per un corretto approccio alla spiritualità ed alla antropologia francescana.

Il corso viene proposto a tutti i religiosi francescani del post-noviziato in Umbria ed è aperto a sacerdoti, religiosi e laici interessati al tema.




Programma del corso