giovedì 7 febbraio 2013



«Il mio Francesco inventò il welfare»
Il terzo film sul santo di Assisi di Liliana Cavani

La magnifica ossessione. Dopo il film in bianco e nero del 1966, (con Lou Castel), alla vigilia della Contestazione generale. E quello dell'89, con un antieroe folle, sanguigno e candido, (Mickey Rourke), Liliana Cavani sta per realizzare un altro Francesco di Assisi.


Santo nel dipinto di Cimabue, carnale nel quadro di Caravaggio, ha attraversato 800 anni riuscendo a restare attuale: pace e rivoluzione insieme. E Liliana Cavani, nei Sessanta bollata come cattolica di sinistra dai comunisti ed estremista dai democristiani, nei '70 mandata al rogo dai benpensanti per il suo «scandaloso», superbo Portiere di notte, laica di origini e di pensiero, eppure da sempre alla ricerca dell'irrazionale - non per ricavarne risposte ma per percepire ciò che è impossibile spiegare sta per intraprendere un altro viaggio nel pianeta Francesco.

Come nasce questo film?

«Tutto comincia nel 1965, io avevo già realizzato documentari come La battaglia, Storia del Terzo Reich, e Angelo Guglielmi me ne propone uno su Francesco. Io ne sapevo poco e non ero entusiasta dell'idea quando leggo la biografia di Paul Sabatier, un libro all'indice, un romanzo che mi colpisce così tanto da chiedere a Guglielmi: perché non ci facciamo un film? Lui mi risponde che ha 30 milioni, convoca Leo Pescarolo per produrlo e il progetto prende piede. Da quel momento Francesco è diventato una materia infinita, più lo raccontavo più lo scoprivo, più avevo voglia di raccontarlo. Così sono arrivata al numero tre...».

L'ultimo tassello?

«Su Francesco si può tornare cento e mille volte. E' una figura straordinaria. Moderna. Illuminata. E' il precursore della Rivoluzione francese. Nel 1200 lui è già Liberté, Egalité, Fraternité. Solo che lui è un ribelle che lotta senza guerra, predicando Pace. Nella Commedia Dante scrive che è sposato con Madonna Povertà. Potrebbe essere il fondatore spirituale del welfare... ».

Un uomo libero?

«Quando il suo movimento si sviluppa, la Chiesa tenta di gestirlo, gli chiede regole. Lui non si sottrae. Lo fa. Ma resta libero».

In quale fase è il progetto?

«Sto rivedendo la sceneggiatura. Subito dopo penserò al cast, e verso giugno dovrei cominciare le riprese».

E' prodotto da Raicinema?

«Con partners internazionali. Oggi è difficile fare film in un Paese in cui sembra che la Cultura non sia una priorità, mentre tv e cinema sono la letteratura del XX secolo. Dovremmo copiare esattamente come sono le leggi francesi e applicarle. Ma nessuno lo fa...».

Questo terzo capitolo?

«Oggi che attraversiamo una crisi non solo nostra, ma globale, e il mercato è la questione centrale, oggi che sopravvive chi ha regole più adeguate, Francesco è ancora la chiave di volta. Francesco è il cambiamento. La rivoluzione e l'evoluzione spirituale e privata di ognuno di noi. E' il rifiuto dell'omologazione, alla dittatura. La sua era epoca di guerre continue - Ducato contro Ducato, le Crociate, ricchi contro poveri - alla quali in giovane età partecipò. Per poi capire che cercava altro. La sua è un'eredità immensa: Pace e Fraternità. Parole che sembrano stonare, mentre invece sono in perfetta sintonia con il presente».

Francesco chiamava sorella la morte...

«Vita e morte sono legate a filo doppio, non esiste l'una senza l'altra».

E dopo la morte?

«Vengo da una famiglia laica, con un nonno anarchico. Ho imparato l'inutilità di cercare risposte. Ci sono cose che non sapremo mai. Il che non significa che dobbiamo smettere di cercare, altrimenti saremmo ancora a prima di Galileo. Credo che vita e morte siano saldate come un anello. Il resto si può solo intuire...»

Micaela Urbano

Fonte: il Messaggero, Martedì 5 febbraio 2013, p. 21.

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