venerdì 5 ottobre 2012



Francesco, Newman e il Vangelo
Alla vigilia dell’Anno della fede
di Robert P. Imbelli

John Henry Newman nella Grammatica dell’assenso distingue tra due forme di conoscenza, una “nozionale” e l’altra “reale”. Potrebbero però essere indicate anche come “conoscenza astratta”, della testa, e “conoscenza esperienziale”, del cuore. Newman non ne sceglie una a scapito dell’altra. Entrambe sono importanti, necessarie per una visione comprensiva dell’uomo, per un umanesimo integrale. Nelle questioni religiose, però, la vera conoscenza, il vero assenso, è fondamentale.
Si possono e si dovrebbero conoscere gli articoli del Credo e i passi del Catechismo. Ma se rimangono solo proposizioni astratte, nozionali, non raggiungeranno la realtà viva alla quale mira la religione. Da qui l’obiettivo dell’evangelista, del predicatore, del catechista, di mediare, in chi lo ascolta, il passaggio dal meramente nozionale al reale. Una delle parole preferite di Newman era “realizzazione”, cioè, per grazia di Dio, rendere reali per noi stessi e aiutare gli altri a rendere reali per sé gli immensi misteri della fede.
Questa sfida di rendere reale la nostra fede per noi stessi e per gli altri è al centro dell’Anno della fede. Newman, i cui scritti hanno tanto influenzato il giovane teologo Joseph Ratzinger, ha riflettuto molto anche su come rendere più facile il passaggio dal meramente nozionale al reale. Suggerisce che è in primo luogo l’immaginazione a muovere i nostri affetti e a ispirarci all’azione. In un passo rilevante della Grammatica dell’assenso scrive: «Di solito il cuore non è raggiunto attraverso la ragione ma attraverso l’immaginazione». Aggiunge poi le seguenti parole, tanto caratteristiche della sua visione: «Le persone ci influenzano, le voci ci sciolgono, gli sguardi ci soggiogano, gli atti ci infiammano».
Non c’è dunque da stupirsi che, quando fu creato cardinale, New-man scelse come motto cor ad cor loquitur (“cuore parla a cuore”). Riassume la sua visione profondamente personalistica delle relazioni umane, ovvero di ogni realtà che procede dall’amore del Dio Trino.
Pochi personaggi nella storia della Chiesa incarnano con più forza di san Francesco d’Assisi la verità dell’intuizione di Newman. Nella sua Vita prima sancti Francisci, scritta a tre anni dalla morte del santo, Tommaso da Celano descrive l’enorme impatto che Francesco ha avuto sugli uomini e le donne del suo tempo.
Tendiamo a pensare al XIII secolo come al culmine dell’“età della fede”. Tuttavia, Tommaso da Celano descrive la situazione in Umbria al tempo in cui Francesco ha iniziato il suo ministero in termini che hanno una straordinaria somiglianza con la nostra epoca secolarizzata: una «profonda dimenticanza di Dio» oscurava il paese e «l’incuria verso i comandamenti di Dio» permeava la vita della gente. Secondo i termini usati da New-man, buona parte del cristianesimo che caratterizzava quell’epoca era solo nozionale e non reale.
È interessante osservare che Tommaso descrive Francesco come novus evangelista, il “nuovo evangelista” inviato da Dio per risvegliare il cuore degli uomini e delle donne a un vero senso della presenza e dell’azione di Dio nella loro vita. Ciò in cui Francesco s’imbarcò fu una nuova evangelizzazione della società e della cultura.
Che cosa aveva di nuovo l’evangelizzazione di Francesco? Certamente non il Vangelo — egli proclamò con le parole e con i fatti, con tutto il suo essere, l’unica Buona Novella di Gesù Cristo — ma una nuova realizzazione del Vangelo, con appassionato impegno e incarnazione creativa. Ravvivò l’immaginazione cristiana della sua epoca.
Alla base di tutto, e a sostenere Francesco, c’era il suo rapporto d’amore con Gesù Cristo. Il cuore del cuore di Francesco era Gesù. Come scrive Tommaso da Celano: «I frati che vissero con lui sanno molto bene come ogni giorno, anzi ogni momento affiorasse sulle sue labbra il ricordo di Cristo […] e quella sorgente di illuminato amore che lo riempiva dentro, traboccava anche di fuori. Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra».
Naturalmente il portare Gesù «in tutte le altre membra» per Francesco si perfezionò nell’onerosa grazia delle stigmate. E fu un grande evangelista non solo perché predicava — cosa che certamente fece — ma anche perché viveva Gesù pienamente: morendo con Gesù, per poter risorgere con lui.
Mentre iniziamo questo Anno della fede, mentre i vescovi del mondo si riuniscono per il sinodo sull’evangelizzazione, possiamo imparare da John Henry Newman e da Francesco d’Assisi che una fede meramente nozionale non basta. Ancora una volta veniamo invitati a realizzare la nostra fede con maggior pienezza, così da poter diventare evangelisti più generosi e creativi. Di fatto, solo il cuore può davvero parlare al cuore.

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