mercoledì 6 febbraio 2013



Testimonianze di fede in Asia 
nel contesto del rapporto tra le religioni
Ciclo di conferenze

Martedì 12 febbraio 2013, ore 16





PONTIFICIA UNIVERSITÀ ANTONIANUM

FACOLTÀ DI TEOLOGIA – ISTITUTO FRANCESCANO DI SPIRITUALITÀ

Cattedra di Spiritualità e Dialogo interreligioso

“mons. Luigi Padovese”



Relatore

Bernardo Cervellera

Direttore dell’agenzia Asia News


 
Ingresso libero

lunedì 4 febbraio 2013

Il concerto in Vaticano per l’ottantaquattresimo
anniversario dei Patti Lateranensi
Lunedì 4 febbraio 2013


 




Tale anniversario collega la Porziuncola al centenairo di Costantino/Editto di Milano.

Nel 2013 ricorrono i 1700 anni dall’editto di Milano del 313 mediante il quale l’imperatore Costantino diede termine alle persecuzioni dei cristiani. A quell’evento la tradizione lega la “donazione di Costantino” secondo la quale lo stesso imperatore avrebbe fatto dono al papa san Silvestro del territorio della Chiesa.
Sebbene tale “donazione di Costantino” sia un falso – come dimostrò definitivamente nel 1440 l’umanista Lorenzo Valla, che peraltro fu sepolto nella Basilica costantiniana di San Giovanni in Laterano come canonico della stessa – il potere temporale del Papa a partire dall’VIII secolo è certamente un dato di fatto da spiegare altrimenti, poiché esso non dipende né da donazioni, né da conquiste militari.
Tale potere temporale, contrariamente a quanto talvolta si afferma, esiste ancora oggi sullo stato della Città del Vaticano riconosciuto dai Patti Lateranensi siglati l’11 febbraio 1929 mediante cui la Santa Sede ha sovranità in una porzione di territorio molto più piccola di quella antica. Proprio in quel giorno il papa Pio XI paragonò l’ampiezza del nuovo stato al corpo di San Francesco d’Assisi: «Ci pare di vedere le cose al punto in cui erano in San Francesco benedetto: quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l’anima». Senza quel corpo, per quanto piccolo, il papa non avrebbe goduto di un’effettiva libertà, mentre proprio quella sovranità territoriale gliela consentì, come venne dimostrato nei giorni dell’occupazione nazista di Roma: l’intangibilità extraterritoriale della Santa Sede permise al papa di salvare tanti membri della futura Repubblica Italiana, a partire dallo statista Pietro Nenni, e soprattutto di mediare fra le parti belligeranti perché non si combattesse in Roma. Se il pontefice fosse stato, come voleva Giosuè Carducci, il “cittadino Mastai”, questo non sarebbe stato possibile.
Il potere temporale del papato, contrariamente a quanto si dice, esiste ancora oggi sullo Stato Città del Vaticano riconosciuta dai Patti Lateranensi siglati l’11 febbraio 1929 mediante cui la Santa Sede ha sovranità in una porzione di territorio piccola, ma sufficiente per proclamare un primato assoluto ed effettivo. Ad esempio Francesco Orestano (1873-1945), negli anni ’20 del XX secolo affermò che la questione è di garantire la libertà e l’indipendenza del Papato che richiede un territorio su cui esercitare una sovranità assoluta; egli denomina tale territorio "porziuncola", scrivendo: «E non a caso diciamo porziuncola, perché ci sembra che uno spirito francescano, italianissimo perciò, in cui il giure e la santità si fanno perfetto equilibrio» ( F. Orestano, La Santa Sede e l’Italia negli accordi dell’11 febbraio, in Id., Opera Omnia, III, t. I, Padova 1961, p. 246).
Tale potere temporale è uno strumento di libertà per la Chiesa stessa, cosa certamente non promossa dalla concezione “libera Chiesa in libero Stato”, tanto cara a Cavour, ma che non garantiva l’indipendenza del Papa.
Il 12 febbraio 2009 al concerto in occasione dell’80° anniversario dello stato della Città del Vaticano, Benedetto XVI affermò: «Vorrei ricordare […] il venerato mio Predecessore Pio XI. Egli, nell’annunciare la firma dei Patti Lateranensi e soprattutto la costituzione dello Stato della Città del Vaticano, volle riferirsi a san Francesco d’Assisi. Disse che la nuova realtà sovrana era per la Chiesa, come per il Poverello, "quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l’anima"». Infatti Pio XI, l’11 febbraio 1929 nel discorso in occasione della firma del trattato e del concordato nel Palazzo Lateranense – già ricordato sopra – affermò: «Nessuna cupidità terrena muove il Vicario di Gesù Cristo, ma soltanto la coscienza di ciò che non è possibile non chiedere; perché una qualche sovranità territoriale è condizione universalmente riconosciuta indispensabile ad ogni vera sovranità giurisdizionale: dunque almeno quel tanto di territorio che basti come supporto della sovranità stessa; quel tanto di territorio, senza del quale questa non potrebbe sussistere, perché non avrebbe dove poggiare. Ci pare insomma di vedere le cose al punto in cui erano in San Francesco benedetto: quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l’anima. Così per altri Santi: il corpo ridotto al puro necessario per servire all’anima e per continuare la vita umana, e colla vita l’azione benefica».
Il volume Il potere necessario, di Andrea Lonardo, appena edito dalla Casa editrice Antonianum, spiega l’effettiva origine storica del potere temporale della Chiesa. Fu lo spostamento della capitale dell’Impero a Costantinopoli, voluta da Costantino nel 330, a dare avvio al processo. La lontananza del potere imperiale, costretto ad affrontare prima la minaccia persiana e poi quella araba, generò una situazione nella quale Roma si strinse sempre più intorno all’autorità pontificia. Nonostante l’imperatore esercitasse ancora il potere su Roma – venne a risiedere ancora nel 663 nell’urbe, deportò il papa Martino I a Costantinopoli nel 653 e cercò più volte di far uccidere papa Gregorio II (715-731) – il vescovo di Roma divenne di fatto l’arbitro degli eventi romani, dalla gestione degli affari amministrativi alla difesa dell’urbe contro i longobardi. Quando Ravenna cadde nel 751 in mano longobarda si levò ormai solo il pontefice a difendere l’antico territorio romano-bizantino.

Il volume Andrea Lonardo, Il potere necessario. I vescovi di Roma e la dimensione temporale nel Liber pontificalis da Sabiniano a Zaccaria (604-702) (Medioevo, 22), Ed. Antonianum, Roma 2012 può essere richiesto a:

Ed. Antonianum: Per richieste: edizioni@antonianum.eu

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 Una leggenda tedesca di Santa Rosa
il libro di Anna Maria Valente Bacci
la cronaca dell'incontro di studio
  
Presentazione del libro di Anna Maria Valente Bacci, Una leggenda tedesca di Santa Rosa (secolo XV). Codex sangallensis 589, Centro Studi Santa Rosa da Viterbo, Studia I, 2013.

Un nutrito e variegato pubblico composto da religiose, religiosi, studenti ed esperti del settore ha preso parte giovedì 17 gennaio 2013, presso la Pontificia Università Antonianum di Roma, alla presentazione del libro Una leggenda tedesca di Santa Rosa (Secolo XV). Codex sangallensis 589 (Viterbo 2012), primo volume della collana Studia del Centro Studi Santa Rosa da Viterbo - Onlus (www.centrostudisantarosa.org). L’incontro, organizzato in collaborazione con l’Istituto Francescano di Spiritualità e con il Centro Culturale Aracoeli, è stato moderato dal preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani, padre Pietro Messa, e ha visto l’intervento dei professori Loredana Lazzeri e Marco Bartoli della Lumsa di Roma. Alla presenza della curatrice, la docente di Filologia germanica Anna Maria Valente Bacci, i due relatori hanno tracciato un quadro di sintesi della letteratura agiografica tardomedievale, evidenziando le peculiarità di un’iniziativa editoriale, quella promossa dal Centro Studi Santa Rosa da Viterbo, che permette di illustrare un capitolo assai particolare e significativo della vicenda agiografica della santa viterbese.


L’opera, infatti, propone l’edizione critica con testo a fronte in latino e in italiano di una rara versione della legenda di santa Rosa, che fu composta in dialetto alemanno, alla fine del Quattrocento, da e per le terziarie regolari francescane della comunità sangallese di St. Leonhard. Si tratta, allo stato attuale delle ricerche, di un testo unico nel panorama della letteratura agiografica tardomedievale di area germanica, nel quale Rosa da Viterbo viene fatta oggetto di una venerazione inconsueta per le regioni di lingua tedesca, ricevendo dalla terziarie di San Gallo il titolo di «patrona e protettrice di tutto il nostro ordine» e il riconoscimento di una posizione di primazia analoga a quella che, nel ramo maschile del Terz’ordine, era attribuita a Elzear di Sabran.
Come segnalato nella premessa del volume, «l’episodio di St. Leonhard», unico caso ad oggi noto di una devozione per Rosa da Viterbo «in lingua volgare» al di fuori dalla penisola italiana, testimonia dunque «l’assunzione di Rosa nel pantheon del nuovo francescanesimo femminile osservante». Di qui l’interesse per il codex sangallensis 589 e per il Compendio della vita della santa vergine santa Rosa, che in esso viene tramandato insieme alle Deutsche legenden di altri sei santi particolarmente venerati nell’area svizzero-tedesca durante il XV secolo (si tratta di Chiara di Assisi, Bernardino da Siena, il citato Elzear di Sabran, Ivo di Britannia, Pantaleone e il re Ludovico/Luigi di Francia).
La prof.ssa Lazzeri, docente di filologia germanica presso la Lumsa di Roma, ha rimarcato l’importanza dell’opera di pubblicazione delle fonti sulla santa viterbese avviata dal Centro Studi Santa Rosa, segnalando come l’edizione critica della leggenda del codex sangallensis 589 colmi una significativa lacuna editoriale dopo la minimal edition di Patricia A. Giangrosso, la quale oltre venticinque anni fa aveva pubblicato quattro delle sette vite di santi contenute nel codice di San Gallo (cfr. Four Franciscan saints’ lives: German texts from Codex Sangallensis 589, Stuttgart 1987; le vite pubblicate sono quelle di Bernardino da Siena, Rosa da Viterbo, Elzear di Sabran e Ivo di Britannia).
Lodevole sotto il profilo della descrizione codicologica e paleografica, l’edizione della Giangrosso non si presenta invece particolarmente accurata sotto il profilo filologico. Ciò ha motivato l’esigenza, avvertita dalla curatrice, di una vera e propria edizione critica di questo particolarissimo racconto agiografico della vita di Rosa da Viterbo, collocabile secondo la Valente Bacci a metà strada «tra il genere della Heiligenpredigt, ‘predica sui santi’, e l’altro simile della legenda nova», il genere narrativo più diffuso nel Medioevo che, com’è noto, trovò nella Legenda aurea di Iacopo da Varazze la sua espressione più nota. Come ha ricordato la Lazzeri, le vite dei santi potevano essere destinate all’uso liturgico, oppure alle lettura in pubblico e in privato, tanto nelle chiese quanto nei monasteri: nel primo caso il testo assumeva connotati di brevità e semplicità, favorevoli a una compresione la più larga possibile, mentre i racconti agiografici composti per finalità letterarie oltre che religiose presentavano, ordinariamente, una struttura più articolata e complessa.
Il Compendio della vita di Rosa da Viterbo tramandato dal codex sangallensis 589 si pone in una posizione intermedia tra questi due generi, presentando inoltre caratteri di originalità anche in relazione alle sue fonti. La prima parte dell’opera dipende dalla cosiddetta Vita secunda, una redazione latina anonima risalente ai primi decenni del XV secolo. In essa si narrano la nascita di Rosa, la manifestazione della sua santità sin dalla fanciullezza, la grave malattia, le visioni di anime, l’apparizione della Madonna e di Gesù Cristo crocifisso, la predicazione contro gli eretici, la condanna all’esilio, la guarigione miracolosa di una cieca. La seconda parte del testo tedesco, che narra alcuni episodi post mortem attribuiti all’intercessione di Rosa, appare invece seguire una strada originale: accanto alla Vita secunda, infatti, si nota la presenza di altre fonti non identificate, che non dipendono né dalla citata Vita secunda, né dalla Vita prima, il frammento più antico sulla vita della santa. Secondo la Lazzeri, l’individuazione di queste “fonti segrete” della vita tedesca di Rosa da Viterbo potrebbe costituire una proficua pista di ricerca in ambito filologico: l’edizione del testo del codex sangallensis 589 da parte della Valente Bacci costituisce, in questa direzione, un incoraggiante viatico.
Si è concentrato invece sugli aspetti più prettamente storico-letterari dell’opera il professor Marco Bartoli, docente di storia medievale presso la Lumsa di Roma ed esperto di storia del francescanesimo, con particolare riferimento alle vicenda di Chiara di Assisi e al ramo femminile dell’ordine. Nella sua relazione, Bartoli ha sottolineato come quella di Rosa da Viterbo sia «una storia al femminile», non solo in quanto furono delle donne a diffonderne il culto con la parola e con gli scritti, ma anche per il contenuto stesso delle leggende agiografiche composte intorno alla santa viterbese, compresa quella del codex sangallensis edita dalla Valente Bacci. Bartoli ha notato inoltre come, secondo il sistema dei topoi tipico del genere agiografico, anche la vita tedesca di Rosa presenti le caratteristiche di un testo performativo, per dirla con Timothy Johnson: si tratta, infatti, di un racconto adatto alla memorizzazione e alla lettura pubblica nelle occasioni liturgiche, pensato per diventare «forma», modello di vita per i fedeli – religiosi ma non solo – cui era indirizzato. Sono queste le ragioni che spiegano le affinità della leggenda tedesca di Rosa da Viterbo con altre vite di santi il cui culto era particolarmente diffuso nel medioevo, da Nicola ad Agnese, da Agata a Chiara di Assisi.
La vicenda di Rosa da Viterbo narrata nel codex sangallensis presenta tuttavia anche delle peculiarità proprie. Tale è, per esempio, quella che Bartoli ha definito la «mediazione sacerdotale e linguistica» che lega l’episodio della conversione della giovane Rosa grazie alle prediche di alcuni frati minori della sua città, alla scelta del dono totale di se stessa a Cristo e ai poveri adottata in seguito a una malattia e alle visioni di Cristo e della vergine Maria (da segnalare come il racconto di quest’ultima visione risulti molto vicino a quello di un analogo episodio riferito da una testimone nel corso del processo di canonizzazione di Chiara d’Assisi). A detta dell’anonima autrice della leggenda tedesca, proprio l’esperienza della malattia avrebbe conferito alla pia donna viterbese il dono della profezia, secondo una dinamica coerente con la concezione medievale che vedeva nei morenti una sorta di “ponte” tra il mondo terreno e l’aldilà.
Al tema della profezia e della visione della Vergine si lega, inoltre, quello assai delicato della «parola pubblica»: narra infatti la leggenda agiografica che su suggerimento esplicito della Vergine, Rosa da Viterbo si dedicò a un’intesa predicazione di carattere penitenziale, volta a ricondurre alla fede i peccatori e a smascherare le ipocrisie degli eretici ariani. Si tratta, caso non unico ma comunque significativo per l’epoca, della predicazione di una donna laica, semplice, di cui veniva tuttavia tollerato il ruolo pubblico in virtù del riconoscimento di una speciale rivelazione e ispirazione divina. Particolarmente aspro è lo scontro – e si avvertono in questa parte del racconto gli echi della contemporanea predicazione antiereticale svolta in area tedesca dagli osservanti, Giovanni da Capestrano in primis – che Rosa ingaggia con i catari. Animata da un desiderio di martirio che la avvicina alle grandi figure femminili della tradizione agiografica, da Umiliana de’ Cerchi a Chiara di Assisi, la pia donna di Viterbo si rende inoltre protagonista di una decisa azione anti-ghibellina, guadagnandosi per questo motivo l’espulsione dalla propria città. L’episodio dell’allontanamento di Rosa da Viterbo ad opera del podestà e degli eretici non trova riscontro nella documentazione storica, ma il suo inserimento nella vita tedesca del codex sangallensis induce a ritenere, quantomeno, che esso venisse ritenuto verosimile dall’autrice della leggenda e dal suo pubblico di riferimento, vale a dire le terziare di San Leonhard, che proprio in quegli anni, a cavallo tra XV e XVI secolo e poi nei decenni seguenti, si sarebbero trovate a difendere il proprio monastero dagli attacchi dei protestanti. A questa resistenza, che durò fino agli anni ’70 del Cinquecento, la figura proposta dal codex sangallensis di una Rosa da Viterbo paladina della fede cattolica contro gli eretici e le ingerenze ghibelline, potrebbe aver offerto una fonte di ispirazione ideale. Si tratterebbe, secondo Bartoli che riprende qui una suggestione di Giovanni Miccoli, di uno di quei casi in cui l’agiografia, esercitando il proprio influsso sulla mentalità di una determinata comunità o gruppo sociale, avrebbe contribuito a fare la storia. (Michele Camaioni)

domenica 3 febbraio 2013


Omelia del Santo Padre BENEDETTO XVI
durante la festa della Presentazione del Signore
in occasione della XVII Giornata della Vita Consacrata


Basilica Vaticana
Sabato, 2 febbraio 2013


Vi invito in primo luogo ad alimentare una fede in grado di illuminare la vostra vocazione.
Vi esorto per questo a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del «primo amore» con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il vostro cuore, non per nostalgia, ma per alimentare quella fiamma. E per questo occorre stare con Lui, nel silenzio dell’adorazione; e così risvegliare la volontà e la gioia di condividerne la vita, le scelte, l’obbedienza di fede, la beatitudine dei poveri, la radicalità dell’amore. A partire sempre nuovamente da questo incontro d’amore voi lasciate ogni cosa per stare con Lui e mettervi come Lui al servizio di Dio e dei fratelli (cfr Esort. ap. Vita consecrata, 1).

La Verna, 2012


In secondo luogo vi invito a una fede che sappia riconoscere la sapienza della debolezza.
Nelle gioie e nelle afflizioni del tempo presente, quando la durezza e il peso della croce si fanno sentire, non dubitate che la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale. Proprio nel limite e nella debolezza umana siamo chiamati a vivere la conformazione a Cristo, in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo, la perfezione escatologica (ibid., 16). Nelle società dell’efficienza e del successo, la vostra vita segnata dal «minorità» e dalla debolezza dei piccoli, dall’empatia con coloro che non hanno voce, diventa un evangelico segno di contraddizione.

Marcia Francescana 2012


Infine, vi invito a rinnovare la fede che vi fa essere pellegrini verso il futuro.
Per sua natura la vita consacrata è pellegrinaggio dello spirito, alla ricerca di un Volto che talora si manifesta e talora si vela: «Faciem tuam, Domine, requiram» (Sal 26,8). Questo sia l’anelito costante del vostro cuore, il criterio fondamentale che orienta il vostro cammino, sia nei piccoli passi quotidiani che nelle decisioni più importanti. Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo (cfr Rm 13,11-14) – restando svegli e vigilanti.

Congresso OSC, 2012

Per testo intero clica qui.

sabato 2 febbraio 2013


Presentazione del Signore

Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio,
che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui.
Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto
a morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù
per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo,
anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Luca 2,25-32


«Ahora, Señor, puedes dejar que tu servidor muera en paz, como lo has prometido,
porque mis ojos han visto la salvación
que preparaste delante de todos los pueblos:
luz para iluminar a las naciones paganas y gloria de tu pueblo Israel».

Lucas 2,29-32

Chiesa Nuova, Roma

"Now, Master, you may let your servant go in peace, according to your word,
for my eyes have seen your salvation,
which you prepared in sight of all the peoples,
a light for revelation to the Gentiles, and glory for your people Israel."

Luke 2,29-32


venerdì 1 febbraio 2013

New edition of Fraternitas
Nuovo numero di Fraternitas
Nuevo numéro de Fraternitas
Novo número de Fraternitas
Nouveau numéro de Fraternitas
Neue Nummer des Fraternitas
Novi broj Fraternitasa
Nowy numer Fraternitas