Dalla Corte al Chiostro
Santa Caterina Vigri e i suoi scritti
VI Giornata di studio sull’Osservanza francescana al
famminile
Ferrara, Monastero Corpus Domini
Siamo nel all’anno cateriniano in occasione del terzo
centenario della canonizzazione (1712-2012) e del sesto centenario della
nascita (1413-2013)
Nei luoghi che hanno visto i primi passi e lo sbocciare di
Caterina Vigri, cioè il Monastero del Corpus Domini di Ferrara, si è svolta,
sabato 5 novembre 2011, la VI
giornata di studio sull’Osservanza francescana al femminile, promossa dal
suddetto Monastero, in collaborazione con la Scuola Superiore di
Studi Medievali e Francescani della Pontificia università Antonianum di Roma e
con il Monastero di Santa Lucia di Foligno. Il titolo dato al Convegno “Dalla
Corte al chiostro” esprimeva la sottolineatura che si voleva dare alla
“formazione culturale e spirituale di santa Caterina negli anni della sua
permanenza a Ferrara”, con un’attenzione particolare ai suoi scritti. I
relatori e il pubblico hanno trovato posto nel Coro delle Sorelle che risale
alla fine del 1600 e in cui sono tuttora custodite, visibili ai visitatori, le
lapidi tombali di molti membri della famiglia estense, le cui vicende si
intrecciarono in alcuni casi con quelle di Caterina e delle sorelle che le
succedettero.
Ha aperto il convegno la Madre Abbadessa
del Monastero, suor M. Paola Bentini, con un saluto in cui ha sottolineato la
grazia dell’evento e insieme come sia rischioso, secondo san Francesco, di limitarsi
a raccontare le opere dei santi se non si percorre il loro stesso cammino di
impegno cristiano; di qui l’augurio che le parole, gli studi, e tutto l’impegno
profusi nella giornata fossero stimoli per
una vita ricca e piena come quella di Caterina, segnata dal sigillo
della santità. Ha preso poi la parola il sindaco di Ferrara, l’Avv. Tiziano
Tagliani, per sottolineare come eventi
di questo tipo siano accolti con gioia da chi vede il benessere dei cittadini
non solo in un’ottica di risposta a bisogni materiali ma di investimento in
valori spirituali e culturali. Ha concluso questo primo momento introduttivo il
p. Pietro Messa, ringraziando tutti coloro che hanno reso possibile questo
evento e coloro che con lo studio e l’impegno accademico danno la possibilità
di maturare un approccio sempre più serio e rispettoso alla figura di Caterina
Vigri e alla ricchezza spirituale e culturale dell’epoca e del luogo in cui
visse.
E’ iniziato quindi il Convegno vero e proprio con il primo
relatore, Enrico Peverada, con la relazione Spiritualità e devozione femminile
nella Chiesa ferrarese del Quattrocento ha presentato, sulla scorta di numerosi
documenti, soprattutto notarili ed ecclesiastici, la prima parte del suo
lavoro, riguardante le non facili vicende storiche legate alle origini del Monastero
del Corpus Domini (propriamente “del Corpus Christi”), diviso tra l’orientamento
agostiniano verso cui propendeva il vescovo – secondo le intenzioni iniziali di
Bernardina Sedazzari e alla luce del documento papale del 1419 – e quello francescano,
come delibererà il consiglio marchionale nel 1426. Caterina, che entra intorno
al 1426, accolta da Lucia Mascaroni (“la nostra prima madre... che me mostrò lo
modo de servire a Dio”) e che si avvale,
in particolare, della direzione spirituale dei francescani dell'Osservanza del Convento
di Santo Spirito, non è certo marginale testimone di questo processo difficoltoso
e talora drammatico. Il relatore, rimandando alla pubblicazione degli Atti, accenna
poi al contenuto della seconda parte del suo lavoro, circa la presenza in
Ferrara di forme di vita consacrata a
livello familiare, nella prima metà del XV secolo, presso il ceto borghese, rilevabile
attraverso lasciti e testamenti destinati a donne (in genere un paio) connotate
con varie diciture: “suore della casa”; “bonas mulieres ad servitium Dei”;
“pauperibus mulieribus spiritualibus”; “spirituales pauperes amicas Dei”: esperienze
queste non riconducibili alle “sorores de Poenitentia”, pure documentate.
Gabriella Zarri con la relazione Una regola dei monasteri
femminili ferraresi alla fine del secolo XV: il Prologo dell’ordine del vivere
neli monasterii di monache et temporale et spirituale (Ferrara, Lorenzo Rossi
da Valenza, 1497) riflette sulla regola di ispirazione agostiniana pubblicata a
Ferrara nel 1497 da Lorenzo Rossi da Valenza, opera di Matteo da Ferrara,
eremita di Sant’Agostino, noto per la traduzione delle epistole di san Girolamo.
Essa, insieme al ben più noto trattato De
plurimis claris et selectisque mulieribus di Iacopo Filippo Foresti, anche lui
eremita di Sant’Agostino, fa riferimento ad un’esperienza spirituale femminile
che proprio in Ferrara, in un ambiente segnato dalla santità di Caterina Vigri,
trova un essenziale punto di riferimento. Scopo dell’intervento è di presentare
questa operetta inserendola nel contesto della letteratura ferrarese coeva
indirizzata alle donne e di collocarla all’interno delle correnti spirituali
osservanti che operano nel ducato estense tra Quattrocento e primo Cinquecento.
Ma l’interesse di quest’opera risiede principalmente nella stretta relazione
tra parola e immagine – un aspetto che il pubblico ha immediatamente constatato
per mezzo della sistematica proiezione delle immagini presenti nel volume. Ogni
capitolo è infatti illustrato da una xilografia, secondo un ben calcolato
dispositivo di imagines agentes atte ad imprimere nella memoria i momenti
essenziali della vita monastica: da quelli decisivi, inaugurali (come l’arruolamento
della novizia, la sua educazione alla preghiera e alla lettura), agli eventi quotidiani (il lavoro manuale, la
lettura in refettorio, la ricreazione, i colloqui al parlatorio).
Dopo una breve pausa, il prof. Marco Bartoli con
l’intervento Caterina Vigri tra Bologna e Ferrara ripercorre la biografia di
Caterina, soffermandosi sulla visione che precedette di quasi un anno la sua
morte, sigillata dalle parole: “Et gloria eius in te videbitur”, parole che
ebbero un significato speciale nella coscienza personale della Santa e che
danno il senso della sua vocazione. Caterina, gravemente malata ma preoccupata
per le sorti di un mondo che sembra avvolto nella tenebra (cfr. Is 60,1),
comprende che proprio nella sua fragilità si rivela la gloria di Dio che sola
può trasformare il mondo. La viola che esattamente in quell’occasione Caterina
riprende in mano dai tempi della Corte, lo strumento amato anche da Parisina,
la moglie bambina di Nicolò III, può suggerire, senza pretese di storicità, la suggestiva
ipotesi che la Vigri,
riprendendo a suonare dopo tanti anni, ritornasse con il ricordo alla infelice giovane
marchesa: alla fine della sua vita Caterina avrebbe avuto piena consapevolezza
che la vera gloria non è quella che si cerca da sé, come forse pensava Parisina;
la gloria vera, quella che si manifesta in Caterina malata, ma che resterà per
sempre, è quella di Dio.
Di assoluto rigore scientifico l’intervento di Nicoletta
Giovè, La scrittura e i libri di Caterina Vigri che propone un quadro molto
ampio della produzione culturale (copia di manoscritti, ma anche opere
originali) nei monasteri femminili dell’Osservanza, definendolo poi nei suoi
aspetti peculiari dentro la varietà grande di “esperienze grafiche” propria del
Quattrocento, un secolo in cui continuano i modelli grafici tardomedioevali
accanto alla nuova scrittura umanistica. L’analisi della relatrice sui due
autografi accertati: il codicetto delle Sette armi spirituali e il Breviario,
mostra un forte collegamento al sistema della littera textualis, assolutamente
indifferente alla scrittura alla moda nel Quattrocento, la minuscola umanistica
che al tempo in cui Caterina studia, si stava diffondendo anche nell’Italia
centrosettentrionale. Non essendo possibile qui elencare i tratti che
definiscono la scrittura usata da Caterina, basterà sottolineare che la
paleografia, a questo livello di estrema acutezza, non è più una semplice
“scienza sussidiaria”, ma indica una via
di accesso alla comprensione dei segreti di un’avventurosa esperienza culturale
e spirituale.
Il pomeriggio si apre con Antonella Dejure il cui intervento
Tra lingua di corte e lingua “di pietà”: il volgare delle Sette armi spirituali
di santa Caterina Vigri si situa in una Ferrara in cui la circolazione di testi
e di esperienze linguistiche diverse implica una «confluenza di molteplici
tradizioni linguistiche e culturali». Lo studio delle varianti linguistiche
nell’autografo delle Sette armi propone un’autrice che continua a sottoporre il
suo testo a correzioni linguistiche: esse esprimono il tentativo di superamento
della condizione dialettale, in un processo di “provincializzazione” forse
dovuto al contatto con la tradizione laudistica umbro-toscana e con l’oratoria
sacra quattrocentesca e forse dovuto anche a preoccupazioni divulgative, che
introdurrebbero in una visione di “rete” tra i vari monasteri, confermata dalla
profonda influenza delle Sette armi spirituali sulla formazione e gli scritti
delle clarisse successive a Caterina. La disamina su alcuni nuclei linguistici e relative aggettivazioni del
testo suddetto – un numero limitato di vocaboli, ciascuno dotato di un vasto
repertorio di aggettivi che ne dilata lo spettro semantico – fa emergere
l’iniziativa della Vigri, che maneggia magistralmente e originalmente la penna,
piegando alla sua attuale esperienza spirituale di donna del quattrocento il
vocabolario mistico tradizionale. La nuova stagione dell’Osservanza francescana
femminile va affidandosi ad un lessico di realistica comunicazione, ormai
sempre più proiettato verso gli orizzonti della lingua volgare.
Silvia Serventi in I trattati e le lettere come specchio
della cultura di Caterina e delle consorelle parte dall’ ipotesi che le idee e
le scritture della Santa vivano in un humus culturale comune, fatto di letture
partecipate, di esortazioni e dialoghi, con una diffusa «passione per la
scrittura». La relatrice prende in
considerazione l’eventuale passaggio di nuclei tematici tra il trattato, le
glosse del breviario e i trattatelli compresi nei codici miscellanei conservati
presso l’Archivio Arcivescovile di Bologna, in cui compaiono alcuni autografi
della Santa e, con la proiezione di schemi, riesce a rendere il senso di questa
rete di relazioni intertestuali, che portano alla luce opere – considerate
importanti per la comunità – evidentemente familiari a Caterina e alle sue
consorelle, rielaborate a volte con grande libertà. Si pensi alla familiarità
con le laudi e i trattati di Ugo Panziera, uno dei poeti francescani sui quali
si posò l’attenzione di Federico Ozanam e di cui Caterina ha memorizzato tutto
un repertorio di immagini che è in grado di riutilizzare originalmente. E’ quindi possibile affermare che la maestra
delle novizie, grazie alla sua passione per la scrittura, seppe trasmettere
elementi concreti di riflessione relativi all’orazione, alla recita
dell’ufficio divino e alla perfezione della vita religiosa, dando vita ad uno
dei centri più attivi dell’Osservanza francescana femminile tra Quattro e
Cinquecento, la cosiddetta «bottega» del Corpus Domini, (la Serventi prende a
prestito dalla storia dell’arte il termine “bottega” per designare la
contiguità tra la scrittura della Vigri e delle sue discepole) attiva probabilmente sia mentre Caterina era
ancora in vita sia dopo la sua morte.
Madre Mariafiamma Faberi, nella relazione La pedagogia
dell’immagine nelle miniature e negli scritti di S. Caterina da Bologna, introducendo
nel raffinato mondo della miniatura, che seppe attingere, alla corte ferrarese,
alle forme di arte più innovativa del tempo, sottolinea, nel “Breviario”, la forza evocativa dell’immagine, unita a ricche potenzialità pedagogiche: Caterina sembra averlo inteso come una sorta
di “diario della sua vita spirituale” oltre che come libro di preghiera; negli
occhielli delle maiuscole, nei margini di pergamena prima dei capoversi o sullo
sfondo delle figure miniate si trovano preziose note personali, talora
confidenziali: notizie biografiche, giaculatorie, strofette in rima ora in
latino ora in italiano, brevi rivelazioni ed esortazioni alle sorelle. Da qui
l’ipotesi che Caterina si servisse della pittura per promuovere la vita
spirituale e la riflessione teologica tra le sue sorelle, specie le novizie,
stimolate in questo modo all’ascolto e alla riflessione. Un intento che rivela la
forza di una eredità dell’Osservanza francescana nel cui ambito sovente
circolavano manoscritti illustrati per rendere anche “visibili” gli insegnamenti
di vita spirituale, basti pensare a san Bernardino, che visualizza le sue
prediche sulle tavolette con il monogramma del Santo Nome di Gesù dipinto come
sole rutilante sullo sfondo della fede rappresentato dal colore azzurro cielo
intenso. “Se l’uomo è fatto a immagine e somiglianza divina, Dio ha in sé
l’immagine umana; se il volto di Dio ha assunto in Gesù il volto dell’uomo,
l’uomo ha assunto il volto di Dio”.
E’ compito del prof. Carlo Delcorno in Dalla corte al
chiostro. Santa Caterina Vigri e i suoi scritti ripercorrere e concludere i
lavori di questa VI giornata di studio, partendo dal contemporaneo di Caterina,
san Bernardino da Siena che “parlava ai senesi delle più avanzate esperienze
dell’Osservanza femminile (Milano, Verona e Bergamo) convinto che la cosa
riguardasse il suo pubblico, costituito prevalentemente da laici e soprattutto
da donne”. Il rapporto tra piazza e convento, tra predicazione dell’Osservanza
e letteratura elaborata nei monasteri delle clarisse, la rete fittissima che si
intravede tra monasteri, si saldano da vicino con il tema di questa giornata
che si è trovata a toccare questo ricco sistema di relazioni, l’intreccio di
esperienze comuni a predicatori dell’Osservanza e umanisti, gli scambi tra la
corte e il chiostro, “in un singolare e originale nodo di cultura e santità”.
A conclusione dell’evento, l’Ensemble di musica medievale ‘La Reverdie’ ha offerto un
concerto di musica quattrocentesca e testi dei Dodici Giardini e delle Laudi. Suggestivi,
all’inizio e alla fine del concerto, i due brevissimi saggi di danza
quattrocentesca in costumi d’epoca offerti dal gruppo ‘Unicorno’. Ora c’è solo
da aspettare la pubblicazione degli Atti di questa giornata che saranno editi
nella collana “Viator” delle Edizioni Porziuncola.
Sorelle Clarisse – Monastero Corpus Domini – Ferrara