lunedì 27 agosto 2012



Nell’Assisi brasiliana alla fonte della spiritualità

A Caninde il congresso dei francescani a conclusione dell’anno clariano

di EGIDIO PICUCCI

“Quattro anni fa, quando abbiamo deciso di organizzare un congresso per tutti gli istituti francescani presenti in Brasile in occasione dell’anno clariano, di cui si cominciava a
parlare nell’ambito degli ordini francescani, non abbiamo avuto alcun dubbio sulla scelta del luogo: Caninde, abbiamo detto tutti subito, perché la città e l’Assisi brasiliana, visto che vi si trova il santuario francescano che accoglie il maggior numero di pellegrini al mondo”.
Frei Ederson Querioz, cappuccino, ex segretario della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, si riferisce al santuario di San Francisco das chagas (San Francesco stigmatizzato), costruito intorno al 1775 in una zona isolata e arida dello Stato del Ceara, divenuto, col tempo, il simbolo di un popolo che la povertà “ricopre di piaghe”, visibili nei volti invecchiati prematuramente da
un’esistenza breve e particolarmente dura.
“C’e Assisi, d’accordo, ma molti vanno ad Assisi “anche” per vedere la cornice del santuario (basti pensare alle pitture della vostra nascente arte italiana), mentre a Caninde — sottolinea Frei Querioz — il milione e più di persone che vi si recano ogni anno non hanno alcun interesse per i pur pregiati affreschi di Giorgio Kau, ma vi arrivano solo per venerare san Francesco. E con grossi sacrifici, perché il santuario si trova in una delle zone più aride del Brasile, quel famoso Nord Est in cui l’acqua e un sogno che tormenta otto milioni di persone per tutta la vita solo nel Ceara”.
La statua del santo — ha aggiunto poi Frei Ederson — ne riflette le sembianze nel sangue delle stimmate “e noi abbiamo voluto che i francescani brasiliani, riuniti attorno al suo altare, imparassero da lui a curare le piaghe di una società che, credendo di poter fare a meno di
Dio, si sta spiritualmente suicidando”.
Per tre giorni Caninde, che non ha nulla a che vedere con le città che si gloriano di custodire un santuario famoso, ha visto sfilare per le strade anguste e roventi di sole millecinquecento
francescani: religiosi, religiose, terziari, giovani della Gifra (Gioventu francescana), riconoscibili
o dall’abito o dai simboli che richiamavano Francesco o Chiara, soli o a gruppi, familiarizzando com o povo che ha scoperto come si può essere contenti anche senza possedere nulla.
“Il congresso e stato preparato minuziosamente nelle rispettive fraternità — precisa ancora Frei
Ederson — le quali hanno pensato sia al viaggio sia alla sistemazione logistica. Nessun ente, religioso o civile, ci ha dato un centesimo. Santa Chiara ci ha insegnato che una povertà ingegnosa consente quello che normalmente e frutto del benessere.
Spiritualmente ci siamo preparati al congresso riflettendo sul tema fondamentale della fraternità, perché le divisioni che hanno frazionato il francescanesimo nei secoli sono state opera degli uomini, contrarie alle intenzioni di Francesco. Grazie a Dio in Brasile i francescani di ogni ordine e grado formano davvero una sola grande famiglia.
Essi costituiscono un piccolo esercito composto da 30.560 unità che fanno capo alla Familia francescana brasileira, la quale raggruppa 104 congregazioni divise tra gli appartenenti
ai quattro ordini maschili (4.000), le monache clarisse e clarisse cappuccine (560), l’ordine francescano secolare (20.000) e la gioventù francescana (6.000).
Il congresso, che si è svolto dal 9 all’11 agosto, e stato scandito da riflessioni comunitarie, brevi pellegrinaggi all’interno della cittadina cearense, canti e incontri com Mãe Clara (meditazione sulla vita di santa Chiara) e riunioni com o esposo, adorazione del santissimo sacramento nelle chiese francescane (a Caninde ci sono solo i frati minori) del luogo. La partecipazione delle monache
clarisse ha dato al congresso un tocco di vera spiritualità clariana sia per quello che esse hanno detto, sia per quello che hanno fatto vedere.
Quelle che vivono a Caninde sono probabilmente le uniche al mondo a usare poverissimi abiti das graças, cioè delle grazie ricevute per intercessione di san Francesco. Infatti i pellegrini che fanno voto di vestire per qualche tempo il saio francescano, una volta arrivati a Caninde, lo lasciano al santuario che lo da ai poveri e alle clarisse che lo usano per confezionare il loro saio religioso,
il più delle volte mettendo insieme colori diversi. La gente lo sa e le guarda con invidia (non e da tutti vestire l’abito di un miracolato) e ammirazione.
Oltre ai francescani, hanno partecipato al congresso tre vescovi “per bere alla fonte della spiritualità
Francescana”, ha detto uno di loro, segno di comunione con i religiosi che, oltre a essere stati i primi evangelizzatori del Paese, sono oggi presenti in quasi tutte le diocesi della nazione.
Unanime la soddisfazione dei partecipanti che alla conclusione del congresso hanno rinnovato la promessa di vivere e far rivivere lo spirito francescano sia tra loro che nel popolo di Dio, simboleggiato nella ciranda (danza accompagnata dall’inno composto per l’anno clariano) e nel pane distribuito a tutti i presenti, in memoria del pane che santa Chiara benedisse su invito di Papa
Gregorio IX, stupito insieme a tutti gli altri per la croce chi vi rimase impressa.

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