Discorso di Giovanni Paolo II alle Comunità francescane
nel Santuario della Verna
(17 settembre 1993)
Carissimi
Fratelli e Sorelle!
Quest’incontro
con voi Figli e Figlie di san Francesco, in un luogo tanto suggestivo e
significativo per la storia e la spiritualità francescana, suscita nel mio
animo una intima e profonda gioia. Ringrazio il Padre Hermann Schalück,
Ministro Generale dei Frati Minori per le gentili parole che, anche a nome dei
Superiori Generali degli altri Ordini – che saluto cordialmente – e di tutti i
presenti, mi ha poc’anzi rivolto.
Numerose
fonti storiche descrivono il desiderio di contemplazione che accompagnò
l’intera esistenza di Francesco. Si legge nella Leggenda Maggiore di San
Bonaventura che egli «lasciava la folla col suo chiasso e cercava la
solitudine, col suo segreto e la sua pace: là, dedicandosi più liberamente a
Dio, detergeva dall’anima ogni più piccolo grano di polvere» (FF 1222).
Le
prolungate soste del Poverello su questo monte sono eloquente testimonianza del
suo bisogno di solitudine. È significativo, al riguardo, il fatto che
Francesco, pur così fermo nella radicale scelta di povertà, non abbia rifiutato
il dono della Verna, offertagli, com’è noto, dal Conte Orlando di Chiusi,
affinché potesse trascorrervi lunghe quaresime in totale dedizione alla
preghiera ed alla penitenza. La caratteristica conformazione naturale e le
forti asperità del luogo facevano sì che esso, come affermano i Fioretti, fosse
«troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o
a chi desiderasse vita solitaria» (FF 1897).
L’eremo
della Verna divenne così uno dei rifugi più amati da Francesco e
particolarmente caro alla tradizione minoritica. Qui il Poverello di Assisi
ricevette le stimmate quasi a suggello della sua costante e appassionata ricerca
di Dio.
L’austero
e magnifico Santuario, nel quale ci troviamo, rimane ancora oggi uno dei segni
quasi tangibili dell’anima contemplativa di Francesco e della lezione che egli
ha lasciato, al riguardo, a tutto il Francescanesimo. Esso ricorda ai numerosi
pellegrini e visitatori, anche dei nostri tempi, secondo la felice espressione
della Leggenda Minore, come «il verace amore di Cristo» trasformò «l’amante
nell’immagine perfetta dell’Amato» (FF 1377).
La
considerazione di Cristo crocifisso fu per Francesco così intensa ed intrisa di
amore da portarlo gradualmente alla identificazione con Lui. Nella povertà,
nell’umiltà e nelle sofferenze del Crocifisso, egli scoprì la sapienza divina,
rivelata agli uomini nel Vangelo, una sapienza che sorpassa e vince ogni
mondano sapere.
Dalla
fecondità di questa intuizione francescana sono scaturiti molteplici frutti di
santità nella Chiesa. San Francesco continua nei secoli ad esercitare un
singolare fascino su innumerevoli persone che, nei diversi stati di vita, si
sentono attratte ad intraprendere lo stesso itinerario spirituale e religioso.
Nella
società attuale, tra tanti fenomeni di segno i diverso, emerge in modo sempre
più chiaro un bisogno reale di verità, di essenzialità e di autentica
esperienza di Dio. A voi, carissimi Figli e Figlio di Francesco, a motivo della
speciale vocazione che riassume ed armonizza nascondimento nell’eremo e impegno
apostolico, spetta il compito di additare anche ai nostri contemporanei, in
atteggiamento di fraternità universale, la risposta appagante a tali attese.
Essa consiste nell’abbandono fiducioso all’amore salvifico, anche se
crocifiggente, del Signore Gesù.
Possano
le vostre Comunità, carissimi Fratelli e Sorelle, diventare sempre più, nel
solco di una tradizione ormai secolare, centri irradianti di tale viva
spiritualità; siano richiamo costante ai valori cristiani e proposta coraggiosa
di quella scelta totale di Dio da cui sgorgano il servizio sincero per ogni
uomo e l’impegno fattivo per la costruzione della pace.
Accanto
a Francesco la Provvidenza celeste ha posto Chiara, la giovane assisiate che
meglio d’ogni altro seppe capirne ed assimilarne lo spirito. Di questa vergine
mite e forte celebriamo quest’anno l’ottavo centenario della nascita. Come ho
avuto modo di ricordare nella Lettera indirizzata alle Claustrali in occasione
dell’apertura di tale giubileo, «l’itinerario contemplativo di Chiara, che si
concluderà con la visione del “Re della gloria” (Proc IV, 19: FF 3017) inizia proprio dal suo consegnarsi
totalmente allo Spirito del Signore, alla maniera di Maria nell’Annunciazione»
(n. 2).
La
figura di Chiara, «prima pianticella» di Francesco (Leggenda maggiore,
IV, 6, FF
1074) sia modello di ogni vita minoritica, dedita interamente ad «osservare il
santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo» (Regola Bollata, I, FF 75). Auspico di cuore che le
celebrazioni centenarie risveglino nelle Clarisse la freschezza dell’entusiasmo
originario e portino quanti camminano sulle orme del Poverello a riscoprire
l’essenzialità della contemplazione nella loro più genuina tradizione.
Con tali sentimenti, mentre affido al Signore l’intera Famiglia
francescana, rinnovo a ciascuno e a ciascuna di voi l’incoraggiamento a
proseguire nella fedele sequela del vostro Serafico Padre. Vi accompagni
l’augurio di “pace e bene”, a lui tanto caro, e la mia Benedizione, che di
cuore vi imparto, estendendola volentieri ad ognuna delle vostre Fraternità
disseminate nel mondo intero.
Fonte: Acta Ordinis Fratrum Minorum II (1993), 135-136.
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