sabato 12 maggio 2012


Discorso di Giovanni Paolo II alle Comunità francescane
nel Santuario della Verna
(17 settembre 1993)

Carissimi Fratelli e Sorelle!
Quest’incontro con voi Figli e Figlie di san Francesco, in un luogo tanto suggestivo e significativo per la storia e la spiritualità francescana, suscita nel mio animo una intima e profonda gioia. Ringrazio il Padre Hermann Schalück, Ministro Generale dei Frati Minori per le gentili parole che, anche a nome dei Superiori Generali degli altri Ordini – che saluto cordialmente – e di tutti i presenti, mi ha poc’anzi rivolto.
Numerose fonti storiche descrivono il desiderio di contemplazione che accompagnò l’intera esistenza di Francesco. Si legge nella Leggenda Maggiore di San Bonaventura che egli «lasciava la folla col suo chiasso e cercava la solitudine, col suo segreto e la sua pace: là, dedicandosi più liberamente a Dio, detergeva dall’anima ogni più piccolo grano di polvere» (FF 1222).
Le prolungate soste del Poverello su questo monte sono eloquente testimonianza del suo bisogno di solitudine. È significativo, al riguardo, il fatto che Francesco, pur così fermo nella radicale scelta di povertà, non abbia rifiutato il dono della Verna, offertagli, com’è noto, dal Conte Orlando di Chiusi, affinché potesse trascorrervi lunghe quaresime in totale dedizione alla preghiera ed alla penitenza. La caratteristica conformazione naturale e le forti asperità del luogo facevano sì che esso, come affermano i Fioretti, fosse «troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desiderasse vita solitaria» (FF 1897).
L’eremo della Verna divenne così uno dei rifugi più amati da Francesco e particolarmente caro alla tradizione minoritica. Qui il Poverello di Assisi ricevette le stimmate quasi a suggello della sua costante e appassionata ricerca di Dio.
L’austero e magnifico Santuario, nel quale ci troviamo, rimane ancora oggi uno dei segni quasi tangibili dell’anima contemplativa di Francesco e della lezione che egli ha lasciato, al riguardo, a tutto il Francescanesimo. Esso ricorda ai numerosi pellegrini e visitatori, anche dei nostri tempi, secondo la felice espressione della Leggenda Minore, come «il verace amore di Cristo» trasformò «l’amante nell’immagine perfetta dell’Amato» (FF 1377).
La considerazione di Cristo crocifisso fu per Francesco così intensa ed intrisa di amore da portarlo gradualmente alla identificazione con Lui. Nella povertà, nell’umiltà e nelle sofferenze del Crocifisso, egli scoprì la sapienza divina, rivelata agli uomini nel Vangelo, una sapienza che sorpassa e vince ogni mondano sapere.
Dalla fecondità di questa intuizione francescana sono scaturiti molteplici frutti di santità nella Chiesa. San Francesco continua nei secoli ad esercitare un singolare fascino su innumerevoli persone che, nei diversi stati di vita, si sentono attratte ad intraprendere lo stesso itinerario spirituale e religioso.
Nella società attuale, tra tanti fenomeni di segno i diverso, emerge in modo sempre più chiaro un bisogno reale di verità, di essenzialità e di autentica esperienza di Dio. A voi, carissimi Figli e Figlio di Francesco, a motivo della speciale vocazione che riassume ed armonizza nascondimento nell’eremo e impegno apostolico, spetta il compito di additare anche ai nostri contemporanei, in atteggiamento di fraternità universale, la risposta appagante a tali attese. Essa consiste nell’abbandono fiducioso all’amore salvifico, anche se crocifiggente, del Signore Gesù.
Possano le vostre Comunità, carissimi Fratelli e Sorelle, diventare sempre più, nel solco di una tradizione ormai secolare, centri irradianti di tale viva spiritualità; siano richiamo costante ai valori cristiani e proposta coraggiosa di quella scelta totale di Dio da cui sgorgano il servizio sincero per ogni uomo e l’impegno fattivo per la costruzione della pace.
Accanto a Francesco la Provvidenza celeste ha posto Chiara, la giovane assisiate che meglio d’ogni altro seppe capirne ed assimilarne lo spirito. Di questa vergine mite e forte celebriamo quest’anno l’ottavo centenario della nascita. Come ho avuto modo di ricordare nella Lettera indirizzata alle Claustrali in occasione dell’apertura di tale giubileo, «l’itinerario contemplativo di Chiara, che si concluderà con la visione del “Re della gloria” (Proc IV, 19: FF 3017) inizia proprio dal suo consegnarsi totalmente allo Spirito del Signore, alla maniera di Maria nell’Annunciazione» (n. 2).
La figura di Chiara, «prima pianticella» di Francesco (Leggenda maggiore, IV, 6, FF 1074) sia modello di ogni vita minoritica, dedita interamente ad «osservare il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo» (Regola Bollata, I, FF 75). Auspico di cuore che le celebrazioni centenarie risveglino nelle Clarisse la freschezza dell’entusiasmo originario e portino quanti camminano sulle orme del Poverello a riscoprire l’essenzialità della contemplazione nella loro più genuina tradizione.
Con tali sentimenti, mentre affido al Signore l’intera Famiglia francescana, rinnovo a ciascuno e a ciascuna di voi l’incoraggiamento a proseguire nella fedele sequela del vostro Serafico Padre. Vi accompagni l’augurio di “pace e bene”, a lui tanto caro, e la mia Benedizione, che di cuore vi imparto, estendendola volentieri ad ognuna delle vostre Fraternità disseminate nel mondo intero.

Fonte: Acta Ordinis Fratrum Minorum II (1993), 135-136.

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