La donna che si
specchiava negli occhi di Francesco
Messaggio
del Papa Benedetto XVI
in occasione del centenario della conversione di santa Chiara
in occasione del centenario della conversione di santa Chiara
In occasione dell’Anno clariano (16 aprile 2011 – 11
agosto 2012), commemorativo della consacrazione e della conversione di santa
Chiara d’Assisi, Benedetto XVI ha inviato a monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo-vescovo
di Assisi – Nocera Umbra - Gualdo Tadino, il seguente messaggio, che sarà letto
la sera di sabato 31 marzo, nella cattedrale di San Rufino, durante i primi
Vespri della Domenica delle Palme.
Al Venerato Fratello DOMENICO SORRENTINO Vescovo di
Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino. Con gioia ho appreso che, in codesta
Diocesi, come tra i Francescani e le Clarisse di tutto il mondo, si sta ricordando
santa Chiara con un «Anno Clariano», in occasione dell’VIII centenario della
sua «conversione» e consacrazione. Tale evento, la cui datazione oscilla tra il
1211 e il 1212, completava, per così dire, «al femminile» la grazia che aveva
raggiunto pochi anni prima la comunità di Assisi con la conversione del figlio
di Pietro di Bernardone. E, come era avvenuto per Francesco, anche nella
decisione di Chiara si nascondeva il germoglio di una nuova fraternità,
l’Ordine clariano che, divenuto albero robusto, nel silenzio fecondo dei
chiostri continua a spargere il buon seme del Vangelo e a servire la causa del
Regno di Dio.
Questa lieta circostanza mi spinge a tornare
idealmente ad Assisi, per riflettere con Lei, venerato Fratello, e la comunità
affidataLe, e, parimenti, con i figli di san Francesco e le figlie di santa
Chiara, sul senso di quell’evento. Esso infatti parla anche alla nostra
generazione, e ha un fascino soprattutto per i giovani, ai quali va il mio
affettuoso pensiero in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù,
celebrata quest’anno, secondo la consuetudine, nelle Chiese particolari proprio
in questo giorno della Domenica delle Palme.
Della sua scelta radicale di Cristo è la Santa
stessa, nel suo Testamento, a parlare in termini di conversione» (cfr. FF
2825). È da questo aspetto che mi piace partire, quasi riprendendo il filo del
discorso svolto in riferimento alla conversione di Francesco il 17 giugno 2007,
quando ebbi la gioia di visitare codesta Diocesi. La storia della conversione
di Chiara ruota intorno alla festa liturgica della Domenica delle Palme.
Scrive
infatti il suo biografo: «Era prossimo il giorno solenne delle Palme, quando la
giovane si recò dall’uomo di Dio per chiedergli della sua conversione, quando e
in che modo dovesse agire. Il padre Francesco ordina che nel giorno della
festa, elegante e ornata, si rechi alle Palme in mezzo alla folla del popolo, e
poi la notte seguente, uscendo fuori dalla città, converta la gioia mondana nel
lutto della domenica di Passione. Giunto dunque il giorno di domenica, in mezzo
alle altre dame, la giovane, splendente di luce festiva, entra con le altre in
chiesa. Qui, con degno presagio, avvenne che, mentre gli altri correvano a
ricevere le palme, Chiara, per verecondia, rimase immobile e allora il Vescovo,
scendendo i gradini, giunse fino a lei e pose la palma nelle sue mani» (Legenda
Sanctae Clarae virginis, 7: FF 3168).
Erano passati circa sei anni da quando il giovane
Francesco aveva imboccato la via della santità. Nelle parole del Crocifisso di
San Damiano — «Va ’, Francesco, ripara la mia casa» —, e nell’abbraccio ai
lebbrosi, volto sofferente di Cristo, aveva trovato la sua vocazione. Ne era
scaturito il liberante gesto dello «spogliamento» alla presenza del Vescovo
Guido. Tra l’idolo del denaro a lui proposto dal padre terreno, e l’amore di
Dio che prometteva di riempirgli il cuore, non aveva avuto dubbi, e con slancio
aveva esclamato: «D’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone» (Vita Seconda,
12: FF 597). La decisione di Francesco aveva sconcertato la Città. I primi anni
della sua nuova vita furono segnati da difficoltà, amarezze e incomprensioni.
Ma molti cominciarono a riflettere. Anche la giovane Chiara, allora
adolescente, fu toccata da quella testimonianza. Dotata di spiccato senso
religioso, venne conquistata dalla «svolta» esistenziale di colui che era stato
il «re delle feste».
Trovò il modo di incontrarlo e si lasciò coinvolgere
dal suo ardore per Cristo. Il biografo tratteggia il giovane convertito mentre
istruisce la nuova discepola: «Il padre Francesco la esortava al disprezzo del
mondo, dimostrandole, con una parola viva, che la speranza in questo mondo è
arida e porta delusione, e le instillava alle orecchie il dolce connubio di
Cristo» (Legenda Sanctae Clarae Virginis 5: FF 3164).
Secondo il Testamento di Santa Chiara, ancor prima
di ricevere altri compagni, Francesco aveva profetizzato il cammino della sua
prima figlia spirituale e delle sue consorelle. Mentre infatti lavorava per il
restauro della chiesa di San Damiano, dove il Crocifisso gli aveva parlato, aveva
annunciato che quel luogo sarebbe stato abitato da donne che avrebbero
glorificato Dio col loro santo tenore di vita (cfr. FF 2826; cfr. Tommaso da Celano, Vita seconda, 13: FF 599). Il Crocifisso
originale si trova ora nella Basilica di Santa Chiara. Quei grandi occhi di
Cristo che avevano affascinato Francesco, diventarono lo «specchio» di Chiara.
Non a caso il tema dello specchio le risulterà così caro e, nella IV lettera ad Agnese di Praga, scriverà: «Guarda
ogni giorno questo specchio, o regina sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta
continuamente il tuo volto» (FF 2902). Negli anni in cui incontrava Francesco
per apprendere da lui il cammino di Dio, Chiara era una ragazza avvenente. Il
Poverello di Assisi le mostrò una bellezza superiore, che non si misura con lo specchio
della vanità, ma si sviluppa in una vita di autentico amore, sulle orme di
Cristo crocifisso. Dio è la vera bellezza! Il cuore di Chiara si illuminò a
questo splendore, e ciò le diede il coraggio di lasciarsi tagliare le chiome e
cominciare una vita penitente. Per lei, come per Francesco questa decisione fu
segnata da molte difficoltà. Se alcuni familiari non tardarono a comprenderla,
e addirittura la madre Ortolana e due sorelle la seguirono nella sua scelta di
vita, altri reagirono violentemente. La sua fuga da casa, nella notte tra la
Domenica delle Palme e il Lunedì santo, ebbe dell’avventuroso. Nei giorni
seguenti fu inseguita nei luoghi in cui Francesco le aveva preparato un rifugio
e invano si tentò, anche con la forza, di farla recedere dal suo proposito. A
questa lotta Chiara si era preparata. E se Francesco era la sua guida, un
sostegno paterno le veniva anche dal Vescovo Guido, come più di un indizio
suggerisce. Si spiega così il gesto del Presule che le si avvicinò per offrirle
la palma, quasi a benedire la sua scelta coraggiosa. Senza l’appoggio del Vescovo,
difficilmente si sarebbe potuto realizzare il progetto ideato da Francesco ed
attuato da Chiara, sia nella consacrazione che questa fece di se stessa nella
chiesa della Porziuncola alla presenza di Francesco e dei suoi frati, sia
nell’ospitalità che ella ricevette nei giorni successivi nel monastero di San
Paolo delle Abbadesse e nella comunità di Sant’Angelo in Panzo, prima
dell’approdo definitivo a San Damiano. La vicenda di Chiara, come quella di
Francesco, mostra così un particolare tratto ecclesiale. In essa si incontrano
un Pastore illuminato e due figli della Chiesa che si affidano al suo
discernimento. Istituzione e carisma interagiscono stupendamente. L’amore e
l’obbedienza alla Chiesa, tanto rimarcati nella spiritualità
francescano-clariana, affondano le radici in questa bella esperienza della
comunità cristiana di Assisi, che non solo generò alla fede Francesco e la sua
«pianticella», ma anche li accompagnò per mano sulla via della santità.
Francesco aveva ben visto la ragione per suggerire a
Chiara la fuga da casa agli inizi della Settimana Santa. Tutta la vita
cristiana, e dunque anche la vita di speciale consacrazione, sono un frutto del
Mistero pasquale e una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo.
Nella liturgia della Domenica delle Palme dolore e gloria si intrecciano, come
un tema che si andrà poi sviluppando nei giorni successivi attraverso il buio
della Passione fino alla luce della Pasqua. Chiara, con la sua scelta, rivive
questo mistero. Il giorno delle Palme ne riceve, per così dire, il programma. Entra
poi nel dramma della Passione, deponendo i suoi capelli, e con essi rinunciando
a tutta se stessa per essere sposa di Cristo nell’umiltà e nella povertà.
Francesco e i suoi compagni sono ormai la sua
famiglia. Presto arriveranno consorelle anche da lontano, ma i primi germogli,
come nel caso di Francesco, spunteranno proprio in Assisi. E la Santa resterà
sempre legata alla sua Città, mostrandolo specialmente in alcune circostanze
difficili, quando la sua preghiera risparmiò ad Assisi violenza e devastazione.
Disse allora alle consorelle: «Da questa città, carissime figlie, abbiamo
ricevuto ogni giorno molti beni; sarebbe molto empio se non le prestassimo
soccorso come possiamo nel tempo opportuno» (Legenda Sanctae Clarae
Virginis 23: FF 3203).
Nel suo significato profondo, la «conversione» di
Chiara è una conversione all’amore. Ella non avrà più gli abiti raffinati della
nobiltà di Assisi, ma l’eleganza di un’anima che si spende nella lode di Dio e
nel dono di sé. Nel piccolo spazio del monastero di San Damiano, alla scuola di
Gesù Eucaristia contemplato con affetto sponsale, si andranno sviluppando
giorno dopo giorno i tratti di una fraternità regolata dall’amore a Dio e dalla
preghiera, dalla premura e dal servizio. È in questo contesto di fede profonda
e di grande umanità che Chiara si fa sicura interprete dell’ideale francescano,
implorando quel «privilegio» della povertà, ossia la rinuncia a possedere anche
solo comunitariamente dei beni, che lasciò a lungo perplesso lo stesso Sommo
Pontefice, il quale alla fine si arrese all’eroismo della sua santità. Come non
proporre Chiara, al pari di Francesco, all’attenzione dei giovani d’oggi? Il
tempo che ci separa dalla vicenda di questi due Santi non ha sminuito il loro o
fascino. Al contrario, se ne può vedere l’attualità al confronto con le
illusioni e le delusioni che spesso segnano l’odierna condizione giovanile. Mai
un tempo ha fatto sognare tanto i giovani, con le mille attrattive di una vita
in cui tutto sembra possibile e lecito. Eppure, quanta insoddisfazione è
presente, quante volte la ricerca di felicità, di realizzazione finisce per
imboccare strade che portano a paradisi artificiali, come quelli della droga e
della sensualità sfrenata! Anche la situazione attuale con la difficoltà di
trovare un lavoro dignitoso e di formare una famiglia unita e felice, aggiunge
nubi all’orizzonte.
Non mancano però giovani che, anche ai nostri
giorni, raccolgono l’invito ad affidarsi a Cristo e ad affrontare con coraggio,
responsabilità e speranza il cammino della vita, anche operando la scelta di
lasciare tutto per seguirlo nel totale servizio a Lui e ai fratelli. La storia
di Chiara, insieme a quella di Francesco, è un invito a riflettere sul senso
dell’esistenza e a cercare in Dio il segreto della vera gioia. È una prova
concreta che chi compie la volontà del Signore e confida in Lui non solo non
perde nulla, ma trova il vero tesoro capace di dare senso a tutto.
A Lei, venerato Fratello, a codesta Chiesa che ha
l’onore di aver dato i natali a Francesco e a Chiara, alle Clarisse, che
mostrano quotidianamente la bellezza e la fecondità della vita contemplativa, a
sostegno del cammino di tutto il Popolo di Dio, e ai Francescani di tutto il
mondo, a tanti giovani in ricerca e bisognosi di luce, consegno questa breve
riflessione. Mi auguro che essa contribuisca a far riscoprire sempre di più queste
due luminose figure del firmamento della Chiesa. Con un particolare pensiero
alle figlie di santa Chiara del Protomonastero, degli altri monasteri di Assisi
e del mondo intero, imparto di cuore a tutti la mia Benedizione Apostolica.
Dal
Vaticano, 1° Aprile 2012, Domenica delle Palme
(L'Osservatore Romano - 1 aprile 2012, p. 8)
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