DUNS SCOTO: IL BEATO CHE ERA
CONTRARIO ALLA DOTTRINA
L'Antonianum
ricorda la visita di Giovanni Paolo II e celebra il "dottore
dell'Immacolata"
ROMA,
venerdì, 13 gennaio 2011 (ZENIT.org) -
Lunedì 16 gennaio 2012, festa liturgica dei Protomartiri francescani e giorno
in cui Pio XII dichiarò sant’Antonio di Padova nel 1946 dottore della Chiesa
conferendogli il titolo di Doctor Evangelicus, è la festa della Pontificia
Università Antonianum in Roma.
In
tale occasione sarà ricordato il trentesimo anniversario della visita del beato
Giovanni Paolo II alla medesima università, occasione nella quale il Pontefice
parlò anche del beato Giovanni Duns Scoto, soprattutto in occasione della
visita alla Commissione Scotista.
Alla
giornata Testimone della speranza: a trent’anni dalla visita alla
Pontificia Università Antonianum del beato Giovanni Paolo II che si
svolgerà con inizio alle ore 10.30, presso l’Aula Magna della Pontificia
Università Antonianum, interverranno nell’ordine: prof. Priamo Etzi, Rettore
Magnifico della Pontificia Università Antonianum, rev.do p. Vidal Rodríguez
López, Segretario Generale per la Formazione e gli Studi dell’Ordine dei Frati
Minori, rev.do mons. Slawomir Oder, Postulatore della causa di canonizzazione
del beato Giovanni Paolo II, rev.mo p. José Rodríguez Carballo, Ministro
Generale dell’Ordine dei Frati Minori e Gran Cancelliere della Pontificia
Università Antonianum.
A
proposito di come i Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno visto il beato
Giovanni Duns Scoto, Girolamo Pica ha scritto quanto segue nel libro Il
beato Giovanni Duns Scoto. Dottore dell’Immacolata, Elledici-Velar, Gorle 2010
(velar@velar.it).
Innanzitutto,
se Leone XIII nella Lettera Enciclica Aeterni Patris, segnalando la
posizione del pensiero di Tommaso d’Aquino rispetto agli altri dottori
scolastici, enunciava: “sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e
maestro San Tommaso d’Aquino” – come ricorda lo stesso Paolo VI mediante una
citazione dello scritto leonino – nell’Alma Parens il raffronto tra Scoto
e il pensiero tomista era indicato mediante una formula più attenuata: «Accanto
alla cattedrale maestosa di San Tommaso d’Aquino, fra altre c’è quella degna
d’onore – sia pur dissimile per mole e struttura – che elevò al cielo su ferme
basi e con arditi pinnacoli l’ardente speculazione di Giovanni Duns Scoto».
Non
si usa l’espressione «molto dissimile per mole e struttura» come sarebbe stato
più logico se avesse voluto mantenere una continuità con il giudizio perentorio
di Leone XIII precedentemente citato. Un piccolo cambiamento – da longe a
quamvis, per dirla in latino – che indica uno spostamento non soltanto di
prospettiva, ma di proporzioni, come può ben notare soprattutto un buon esperto
di latino!
Tale
cambiamento può essere preso come espressione della modifica del metro di
misura della ortodossia del pensiero di Scoto: infatti per secoli fu definita
la dottrina di Scoto contraria alla fede essendo in molti aspetti contraria al
pensiero di san Tommaso d’Aquino prescritto dalla Chiesa. Fu nel 1971 che gli
scritti di Scoto furono approvati, e proprio ciò perché il metro di misura non
furono più le opere di san Tommaso, ma la dottrina della Chiesa; un cambiamento
- secondo alcuni - epocale, per cui questa vicenda della causa di Scoto è da
inserirsi nei manuali di teologia e storia ecclesiastica.
Quindi,
dopo aver riconosciuto la dignità del pensiero del Maestro minorita indicando
una nuova valutazione rispetto al giudizio di Leone XIII, modificandone il
giudizio sulla proporzione di Scoto rispetto a Tommaso, tra le altre cose il
Pontefice auspicava che la dottrina scotista potesse dare elementi utili al
dialogo, soprattutto con gli Anglicani. In ciò il Pontefice si appellava al
giudizio dato da Giovanni di Gerson secondo il quale Scoto era mosso “non dalla
contenziosa singolarità di vincere, ma dall’umiltà di trovare un accordo”.
Il
venerabile Giovanni Paolo II ebbe diverse occasioni per parlare del beato
Giovanni Duns Scoto, tra cui una visita alla Commissione Scotista preso la
Pontificia Università Antonianum nel 1982. Ma fu in occasione della dichiarazione
del riconoscimento del Culto Liturgico di Giovanni Duns Scoto che ebbe a
sottolineare l’importanza del pensiero scotista per la Chiesa: «Nato in Scozia
verso il 1265, Giovanni Duns Scoto fu detto “Beato” quasi all’indomani del suo
pio transito, avvenuto a Colonia l’8 novembre 1308. In tale diocesi, come pure
in quelle di Edimburgo e di Nola, oltre che nell’ambito dell’Ordine Serafico,
gli fu reso nei secoli un culto pubblico che la Chiesa gli ha solennemente
riconosciuto il 6 luglio 1991 e che oggi conferma. Alle Chiese particolari
menzionate, che sono presenti questa sera nella Basilica Vaticana con i loro
degnissimi Pastori, come pure a tutta la grande Famiglia Francescana, rivolgo
il mio saluto, tutti invitando a benedire il nome del Signore la cui gloria
risplende nella dottrina e nella santità di vita del Beato Giovanni, cantore
del Verbo Incarnato e difensore dell’Immacolato Concepimento di Maria.
Nella
nostra epoca, pur ricca di immense risorse umane, tecniche e scientifiche, ma
nella quale molti hanno smarrito il senso della fede e conducono una vita
lontana da Cristo e dal suo Vangelo (cfr. Redemptoris Missio, 33), il
Beato Duns Scoto si presenta non solo con l’acutezza del suo ingegno e la
straordinaria capacità di penetrazione nel mistero di Dio, ma anche con la
forza persuasiva della sua santità di vita che lo rende, per la Chiesa e per
l’intera umanità, Maestro di pensiero e di vita. La sua dottrina, dalla quale,
come affermava il mio venerato Predecessore Paolo VI, “si potranno ricavare
lucide armi per combattere e allontanare la nube nera dell’ateismo che offusca
l’età nostra” (Epist. Apost. Alma Parens: AAS 58 [1966] 612), edifica
vigorosamente la Chiesa, sostenendola nella sua urgente missione di nuova
evangelizzazione dei popoli della terra.
In
particolare, per i Teologi, i Sacerdoti, i Pastori d’anime, i Religiosi, ed in
modo speciale per i Francescani, il Beato Duns Scoto costituisce un esempio di
fedeltà alla verità rivelata, di feconda azione sacerdotale, di serio dialogo
nella ricerca dell’unità, egli che, come affermava Giovanni de Gerson, fu
sempre mosso nella sua esistenza “non dalla contenziosa singolarità del
vincere, ma dall’umiltà di trovare un accordo” (Lectiones duae “Poenitemini”,
lect. alt., consid. 5: cit. in Epist. Apost. Alma Parens: AAS 58 [1966]
614). Possano il suo spirito e la sua memoria illuminare della luce stessa di
Cristo il travaglio e le speranze della nostra società».
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