Il
beato Gabriele Allegra custodì la reliquia
del
vescovo e martire sant’Antonino Fantosati, ofm
La
piccola reliquia del vescovo sant’Antonino Fantosati fu raccolta dai cristiani
il giorno stesso del martirio, il 7 luglio 1900 e consegnata al Pro-Vicario p.
Quirino Bentrig ofm. Questi, a sua volta, la diede a S. Ecc.za Mons. Raffaele
Palazzi il quale la custodì gelosamente, sottraendola alla profanazione durante
l'invasione nipponica. Inviata a p. Gabriele Allegra ad Hong-Kong, con l'arrivo
dei comunisti, fu dal medesimo riconsegnata con i sigilli intatti a Mons.
Palazzi al suo rientro in Italia. Di tutto ciò fa fede l'autentica che si
conserva presso il convento di San Martino in Trevi, redatta da S. Ecc.za Mons.
Raffaele Palazzi il 20 gennaio 1957, quando la reliquia ex ossibus fu ceduta
alla Provincia Serafica di San Francesco in Assisi.
Concilio
di Trento, Sessione XXV. Della invocazione, della venerazione e delle reliquie
dei santi (3-4 dicembre 1563):
Il
santo sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che hanno l’ufficio e
l’incarico di insegnare, che – conforme all’uso della chiesa cattolica e
apostolica, tramandato fin dai primi tempi della religione cristiana, al
consenso dei santi padri e ai decreti dei sacri concilii, – prima di tutto
istruiscano diligentemente i fedeli sull’intercessione dei santi, sulla loro
invocazione, sull’onore dovuto alle reliquie, e sull’uso legittimo delle immagini,
insegnando che i santi, regnando con Cristo, offrono a Dio le loro orazioni per
gli uomini; che è cosa buona ed utile invocarli supplichevolmente e ricorrere
alle loro orazioni, alla loro potenza e al loro aiuto, per impetrare da Dio i
benefici, per mezzo del suo figlio Gesù Cristo, nostro signore, che è l’unico
redentore e salvatore nostro; e che quelli, i quali affermano che i santi – che
godono in cielo l’eterna felicità – non devono invocarsi o che essi non pregano
per gli uomini o che l’invocarli, perché preghino anche per ciascuno di noi,
debba dirsi idolatria, o che ciò è in disaccordo con la parola di Dio e si
oppone all’onore del solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo (405); o
che è sciocco rivolgere le nostre suppliche con la voce o con la mente a quelli
che regnano nel cielo, pensano empiamente.
Insegnino
ancora diligentemente che i santi corpi dei martiri e degli altri che vivono
con Cristo – un tempo membra vive di Cristo stesso e tempio dello Spirito santo
(cfr. 1Cor 3,16; 6,15-19) –, e che da lui saranno risuscitati per la vita
eterna e glorificati, devono essere venerati dai fedeli, quei corpi, cioè, per
mezzo dei quali vengono concessi da Dio agli uomini molti benefici. Perciò
quelli che affermano che alle reliquie dei santi non si debba alcuna
venerazione ed alcun onore; che esse ed altri resti sacri inutilmente vengono
onorati dai fedeli; o che invano si frequentano i luoghi della loro memoria per
ottenere il loro aiuto, sono assolutamente da condannarsi, come già da tempo la
Chiesa li ha condannati e li condanna ancora.
Catechismo
della Chiesa Cattolica, 1674-1675:
Oltre
che della liturgia dei sacramenti e dei sacramentali, la catechesi deve tener
conto delle forme della pietà dei fedeli e della religiosità popolare. Il senso
religioso del popolo cristiano, in ogni tempo, ha trovato la sua espressione
nelle varie forme di pietà che accompagnano la vita sacramentale della Chiesa, quali
la venerazione delle reliquie, le visite ai santuari, i pellegrinaggi, le processioni,
la «via crucis», le danze religiose, il Rosario, le medaglie, ecc.
Queste
espressioni sono un prolungamento della vita liturgica della Chiesa, ma non la
sostituiscono: «Bisogna che tali esercizi, tenuto conto dei tempi liturgici,
siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, derivino in
qualche modo da essa, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore,
conducano il popolo cristiano» (Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum
Concilium, 13).
Tommaso
da Celano, Memoriale - Vita seconda, 202, in Fonti Francescane 791:
La
devozione di san Francesco alle reliquie dei santi
Zelantissimo
com’era del culto divino, quest’uomo [san Francesco] non trascurava di onorare
debitamente nulla di ciò che si riferisce a Dio.
Mentre
si trovava a Monte Casale, in territorio di Massa, comandò ai frati di
trasportare con la massima riverenza le sante reliquie da una chiesa
completamente abbandonata alla loro casa. Sentiva pena che già da troppo tempo
fossero rimaste senza venerazione. Ma, essendo egli partito di lì per urgente
motivo, i figli dimenticarono l’ordine del padre e non tennero in gran conto il
merito dell’obbedienza.
Un
giorno, mentre i frati si preparavano a celebrare la messa, tolsero, come
d’uso, la coperta dell’altare: trovarono ossa bellissime che spandevano un
soave profumo, e rimasero assai stupiti a quello spettacolo mai visto.
Ritornato poco dopo il santo, si informò diligentemente se avevano eseguito il
suo comando. Ma i frati confessarono umilmente la loro colpa, di aver
trascurata l’obbedienza, e con la penitenza ottennero anche il perdono. Il
santo esclamò: «Sia benedetto il Signore mio Dio, che ha compiuto lui stesso
ciò che avreste dovuto fare voi!».
Considera ora
attentamente quanto sia stato devoto Francesco, osserva quale sia la premura di
Dio per la nostra polvere e intona un canto di lode alla santa obbedienza:
perché se alla voce del santo non si è piegato l’uomo, alle sue preghiere ha
obbedito Dio.
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