Il Concilio Vaticano II cinquanta anni dopo:
le
riflessioni di un laico
del prof. André Vauchez
Prof. André Vauchez, Membre de l’Académie des inscriptions
et belles-lettres di Parigi e Professore invitato alla Scuola Superiore di
Studi Medievali e Francescani della Pontificia università Antonianum in Roma.
Articolo è appena apparso nella rivista Forma sororum. Lo sguardo di Chiara d’Assisi oggi, 49 (2012), p. 286-291.
Articolo è appena apparso nella rivista Forma sororum. Lo sguardo di Chiara d’Assisi oggi, 49 (2012), p. 286-291.
Il Concilio Vaticano
II cinquanta anni dopo : le riflessioni di un laico
Ho
avuto la fortuna, pur essendo allora un giovane studioso sconosciuto, di potere
assistere, grazie a un vescovo che
conoscevo di persona, a una delle ultime
sessioni del concilio Vaticano II, nell’ottobre 1965 e ne ho conservato un
vivissimo ricordo. La riunione di queste migliaia di vescovi cattolici venuti a
Roma da tutto il mondo era già in se un fatto impressionante e l’importanza
dell’avvenimento non poteva sfuggire all’osservatore, visto la posta in gioco
nel dibattito e le speranze che esso aveva sollevato nella Chiesa e anche al difuori
degli ambienti cattolici.
Fui
subito colpito dal fatto che il latino – la lingua nella quale si dovevano fare
gli interventi – non era più un idioma comune: la pronuncia e l’accento dei
vescovi che presentavano dei rapporti o partecipavano
alle discussioni erano cosi differenti, a seconda della loro provenienza
geografica, che, se non ci fosse stata una traduzione simultanea, i padri
conciliari non si sarebbero capiti tra di loro…
Convocato
dal papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, il Concilio, dopo quattro sessioni
che si svolsero tra il 1962 e il 1965, fu concluso dal suo successore Paolo VI
alla fine di quest’ultimo anno. Si trattò di un concilio pastorale, che non
pronunciò condanne e non anatemizzò nessuno, ma che proprio per questa ragione ha
segnato un’importante svolta nella storia della Chiesa e non ha ancora esaurito
il suo potenziale. Il Concilio Vaticano produsse delle costituzioni molto
rilevanti come la Lumen gentium o la Gaudium et spes, nonché alcuni
importanti decreti relativi all’ecumenismo e alla liturgia, per attenerci ai
più famosi. Ma non intendo qua soffermarmi su di loro, nella misura in cui sono
bene conosciuti; mi mancherebbero comunque lo spazio e la competenza per
commentarli accuratamente. Mi accontenterò dunque di esprimere un giudizio
personale, che propongo solo come
la testimonianza di un laico
cristiano che ha condiviso con molti altri le attese provocate dal Concilio, ma
anche alcune delusioni che lo hanno seguito.
Il
Vaticano II è stato in effetti un concilio riformatore; ma bisogna intenderci
sul contenuto di questo concetto che è stato talvolta frainteso:
contrariamente a quanto gli è stato rimproverato da alcuni ambienti “tradizionalisti”, non si trattò allora
di fare un’altra Chiesa, ma di riportare la Chiesa ai principi fondamentali
della tradizione cristiana. La Chiesa non si confonde con le usanze sviluppatesi
attraverso i secoli in funzione di un contesto sociale o culturale ben preciso, oggi scomparso. Non si
tratta di adattarla ad alcune mode odierne; solo una fedeltà maggiore allo
Spirito può rendere i cristiani capaci di affrontare il presente e l’avvenire.
Col
Vaticano II, la Chiesa ha preso atto del
fatto che il mondo era cambiato e doveva essere evangelizzato in un altro modo.
Per farlo bisognava che essa si rinnovi davvero, tenendo conto dei mutamenti
sociali e culturali in corso, come l’affermazione del soggetto e dei diritti
delle persone, che portava a una concezione diversa dell’autorità ormai intesa come
servizio e promovendo un esercizio collegiale delle responsabilità all’interno
della Chiesa. Non si trattava dunque di idealizzare il mondo né di inginocchiarsi
davanti alle novità, ma di ritrovare gli elementi fondamentali e specifici del Cristianesimo,
per rispondere ai bisogni dell’uomo moderno e riconfigurarlo a Cristo.
Negli
ultimi anni, si sono verificati alcuni contrasti all’interno della Chiesa
cattolica attorno al Vaticano II e alla sua recezione. Per alcuni, il Concilio avrebbe
oltrepassato certi limiti e fatto troppe concessioni a questo mondo. Per altri
invece, non si sarebbe mostrato
abbastanza audace e il suo insegnamento sarebbe già in gran parte superato.
Di
fronte a queste critiche, bisogna sottolineare che alcuni insegnamenti del
Concilio sono tuttora rilevanti e, a quanto mi pare, irreversibili , come
l’accento posto sulla libertà religiosa, i nuovi rapporti con gli Ebrei e la
tradizione biblica, le relazioni, ormai indispensabili e non più opzionali, con
le altre confessioni cristiane nel quadro dell’ecumenismo, la liturgia
comunitaria in lingua volgare, ecc. In tutti questi campi, le decisioni del
Concilio sono state non solo accettate ma rapidamente recepite dalla stragrande
maggioranza dei fedeli, come cose ovvie e scontate.
Infatti,
a mio parere il Concilio Vaticano II è stato sfortunato in quanto è avvenuto
troppo tardi. Dopo una lunga diffidenza nei suoi confronti, la Chiesa cattolica
ha cercato un terreno d’intensa con la società moderna e democratica proprio al
momento in cui tale società veniva contestata dall’interno e stava per entrare
in crisi, come lo dimostrarono gli avvenimenti degli anni ’68 e seguenti, e
neanche il crollo del comunismo è riuscito a controbilanciare questo mutamento. A partire dagli anni 1970/’80 in
effetti, l’avvenimento della “post-modernità” ha chiamato in causa gli
equilibri fondamentali delle società occidentali, cioè le loro basi etiche e
giuridiche. Esse non erano estranee ai valori cristiani, almeno per quanto
riguarda la famiglia, la morale economica, l’impegno civico e la solidarietà sociale, che erano condivise da molti ambienti
estranei alla Chiesa.
Ma
con la fine del secolo scorso e l’inizio dell’attuale, un nuovo mondo si è
fatto avanti, basato su un individualismo assoluto, il rifiuto di ogni regola
nel campo della vita sessuale, la prevalenza del populismo in politica, il
liberalismo sfrenato nel campo della
vita economica e finanziaria, il consumismo, ecc. Tale “cultura”,
che vediamo svilupparsi con un po’ di sgomento sotto i nostri occhi, guarda
solo al presente e rigetta le sue radici, particolarmente quelle cristiane ritenute
un’eredità sorpassata di cui ci si può solo vergognare . Ai giovani di oggi, il messaggio del Vaticano II
dice poco e la vita religiosa è ormai considerata da molti, almeno in Europa,
come una scelta puramente privata, senza riflessi sociali.
Questa
evoluzione rapidissima delle mentalità spiega in gran parte le difficoltà
attuali, che non sono certo dovute al Concilio, anche se l’hanno seguito quasi
immediatamente dal punto di vista cronologico: crollo della pratica religiosa, abbandono
del sacerdozio da parte di parecchi preti, crisi delle vocazioni sacerdotali e
religiose, nonché dei movimenti d’Azione cattolica, ecc.
Ormai
siamo arrivati a un punto, dove bisogna che la Chiesa si rimetta ancora più
profondamente in causa, basandosi sullo “zoccolo” delle riforme promosse dal
Concilio, ma riconsiderando tutte le modalità della sua presenza nel mondo e il
senso della sua missione. Non saprei dire se per questo ci vorrà un nuovo Concilio,
né se questo dovrebbe riunirsi subito o solo fra un po’ di anni. Ma comunque non si potrà fare a meno di
un riflessione approfondita sul significato e le forme della vita cristiana in
un mondo che, nel giro di alcuni decenni
ne è diventato cosi lontano.
Prof. André VAUCHEZ
Membre
de l’Académie des inscriptions et belles-lettres (Parigi)
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