Presepe di Francesco
Greccio, 1223
Era il 1223, circa due settimane prima della Natività e
Francesco dimorando nel romitorio di Fontecolombo chiamò il suo amico Giovanni
Velita, signore di Greccio, invitandolo a preparare quanto sarebbe servito per
la celebrazione natalizia: " 'Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale
di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino
nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in
cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu
adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello'.
|
Giotto, Il Presepe di Greccio, 1297-1300 ca. Assisi,
Basilica Superiore di San Francesco |
Appena l'ebbe
ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo
designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal santo. E giunse il
giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui
convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai
casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e
fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i
giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto
secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia.
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si
introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la
semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è
divenuto come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e
dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio
mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le
rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al
Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito
vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra
solennemente l'Eucarestia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione
mai gustata prima. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali, perché era
diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce,
limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con
parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme.
|
Cappella del Presepio, Greccio
|
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di
amore celeste lo chiamava 'Bambino di Betlemme', e quel nome 'Betlemme' lo
pronunciava riempendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto,
producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva 'Bambino di
Betlemme' o 'Gesù', passata la lingua sulle labbra, quasi a gustare e
trattenere tutta la dolcezza di quelle parole. Vi si manifestano con abbondanza
i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso (Giovanni Velita),
ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita
nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di
sonno profondo.
Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i
meriti del santo, il fanciullo Gesù veniva resuscitato nei cuori di molti, che
l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente
nella loro memoria.
Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua
pieno di ineffabile gioia".